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~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

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Archivi Mensili: aprile 2022

Ernesto Cardenal, un albero piantato accanto a una sorgente di acqua pura

30 sabato Apr 2022

Posted by aitanblog in idiomatica, recensioni, vita civile

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Cardenal

Beatitudini, angosce e inquietudini di un poeta mistico e rivoluzionario

“Beato l’uomo che non segue le direttive del Partito
né partecipa ai suoi meeting
né siede allo stesso tavolo di gangster e camorristi
né con i Generali nel Consiglio di Guerra
Beato l’uomo che non spia il suo fratello
né denuncia il suo compagno a scuola

Beato l’uomo che non legge gli annunci commerciali
né ascolta le loro radio
né crede ai loro slogan

Sarà come un albero piantato accanto a una fonte”

Ernesto Cardenal, “Salmo 1“, 1968

La traduzione, con qualche libertà, è mia.
L’originale faceva così (e, in verità, non c’erano i camorristi; quelli li ho aggiunti io, facendoli accomodare al tavolo con i gangster):

“Bienaventurado el hombre que no sigue las consignas del Partido
ni asiste a sus mítines
ni se sienta a la mesa con los gánsters
ni con los Generales en el Consejo de Guerra
Bienaventurado el hombre que no espía a su hermano
ni delata a su compañero de colegio
Bienaventurado el hombre que no lee los anuncios comerciales
ni escucha sus radios
ni cree en sus slogans

Será como un árbol plantado junto a una fuente“

Ernesto Cardenal, l’autore di questo versi da mandare a memoria e pubblicare sui manifesti e sulle bacheche di tutti i social, ci ha lasciato poco più di sei anni fa.
Aveva 95 anni vissuti densamente e con grande dignità; in coerenza con le parole della sua poesia e con la sua vita di prete, politico e teologo, impegnato nella vita del suo Paese e del mondo.
Quasi sempre vestito di bianco e con un basco à la Che Guevara in testa; come ho cercato di rappresentarlo in questo disegno digitale. Per ricordarlo, per ricordarmene.

Oltre che poeta, sacerdote e pure scultore, era uno dei massimi esponenti della teologia della liberazione e un importante esponente della rivoluzione sandinista.
Dal 1979 al 1987 è stato un illuminato Ministro della Cultura del Nicaragua e, insieme con il fratello Fernando, che nello stesso periodo era titolare del dicastero dell’Educazione, ha dato un rilevante impulso al processo di alfabetizzazione del Paese centroamericano.

Wojtyla, il papa polacco, gli proibì di amministrare i sacramenti, a seguito del reiterato rifiuto di abbandonare la vita politica e gli incarichi pubblici. Era il 1984.
Dieci anni dopo fu lui stesso, il sacerdote rivoluzionario Ernesto Cardenal, a lasciare il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, in polemica con la deriva autoritaria del presidente Daniel Ortega.
Lui che negli anni ’60 e ’70 aveva combattuto contro l’oppressione e la corruzione del dittatore Somoza non poteva accettare l’oppressione, la corruzione ed il militarismo paraocchiuto di Ortega. Criticò, tra l’altro, il fatto che “más de la mitad del presupuesto del país era dedicado a la Defensa” (“più della metà del bilancio del Paese era dedicato alla Difesa”) e accusò i politici che facevano grandi fortune alle spalle della popolazione e che continuavano a chiamarsi sandinisti ma, di fatto, non lo erano per niente (“empezaron a robar, hicieron grandes fortunas que todavía las tienen y que son los que ahora gobiernan llamándose sandinistas pero no lo son”).

Nel 2019 Bergoglio, il papa argentino, revocò tutte le sanzioni canoniche che gli gravavano addosso dai tempi di Papa Giovanni Paolo II e lo reintegrò nella chiesa.
L’anno dopo, il primo marzo, Ernesto Cardenal, morì a Managua. Le sue ceneri furono seppellite in un’isola del Lago Nicaragua, dove nel 1966 aveva fondato la comunità non-violenta di Solentiname, dedita all’agricoltura, all’arte e alla meditazione.

Una vita esemplare, estranea agli apparati della chiesa e dei partiti e lontana dai tavoli dei mafiosi e dei generali. Da uomo schivo e a volte anche scorbutico. Una vita insubordinata e incline al bene comune ed al benessere di tutti e, soprattutto, degli ultimi.
Una vita ritirata, da rivoluzionario e da mistico inserito completamente e concretamente nel suo tempo; un religioso che non ignorava i progressi della scienza, della tecnologia e della matematica. Anzi, li considerava parte del tutto.

Vivimos como en espera de una cita
infinita
que nos llame al teléfono
lo Inefable.

“Coplas a la muerte de Merton”, en “Homenaje a los indios americanos”

En el principio era el Canto.
Al Cosmos él lo creó cantando.
Y por eso todas las cosas cantan.

“Segunda cantiga” en Cántico cósmico,

No había luz
la luz estaba dentro de las tinieblas
y sacó la luz de las tinieblas
las apartó a las dos
y ese fue el Big Bang
o la primera Revolución.
Palabra que nunca pasa
(“el cielo y la tierra pasarán…”)
“Segunda cantiga” en Cántico cósmico,

Si en matemáticas son infinitos los números,
los pares y los impares
¿por qué no una belleza infinita y un amor infinito?
Es una constante en la naturaleza
la belleza.
De ahí la poesía: el canto y el encanto por todo cuanto existe
.
Da “Cantiga 5. Estrellas y luciérnagas”, en Cántico cósmico

Concludo questa veloce rassegna di più mezzo secolo di versi con una poesia di Cardenal dedicata all’apparecchietto che molto probabilmente avete in mano anche voi, leggendo (come me, che sto scrivendo su uno schermo piatto). Molti sentono nei suoi versi un’eco di Ezra Pound (exteriorismo versus subjetivismo), io ci rivedo Brecht e la forza didascalica e controllata della sua indignazione contro le ingiustizie e le negligenze del mondo.

Il cellulare (la traduzione è mia)
Parli al tuo cellulare
e parli e parli
e ridi nel tuo cellulare
senza sapere come è stato fatto
e meno ancora come funziona
ma questo che importa
il peggio è che non sai
come anch’io non sapevo
che molti muoiono in Congo
migliaia e migliaia
per questo cellulare
muoiono in Congo
nelle loro montagne c’è il coltan
(oltre all’oro e ai diamanti)
usato per i condensatori
dei telefoni cellulari
per il controllo dei minerali
le corporazioni multinazionali
fanno questa guerra interminabile
5 milioni di morti in 15 anni
e non vogliono che si sappia
paese di immensa ricchezza
con popolazione poverissima
l’80% delle riserve mondiali
di coltan sono nel Congo
lì giace il coltan da un bel po’
tremila milioni di anni
Nokia, Motorola, Compak, Sony
comprano il coltan
anche il Pentagono e anche
la corporazione del New York Times
ma non vogliono che si sappia
né vogliono che cessi la guerra
per continuare a impossessarsi del coltan
bambini dai 7 ai 10 anni estraggono il coltan
perché i loro piccoli corpi
entrano nelle piccole fenditure
per 25 centesimi al giorno
e muoiono migliaia di bambini
per la polvere di coltan
o martellando la pietra
che gli viene addosso
anche The New Yor Times
che non vuole che si sappia
e per questo non sappiamo
di questo crimine organizzato
dalle multinazionali
la bibbia identifica
giustizia e verità
e l’amore e la verità
l’importanza dunque della verità
che ci renderà liberi
anche la verità del coltan
coltan dentro al tuo cellulare
nel quale parli e parli
e ridi nel tuo cellulare

_______________________________________


El celular (versione originale di E.C.)
Hablas en tu celular
y hablas y hablas
y ríes en tu celular
sin saber cómo se hizo
y menos cómo funciona
pero qué importa eso
lo grave es que no sabes
como yo tampoco sabía
que muchos mueren en el Congo
miles y miles
por ese celular
mueren en el Congo
en sus montañas hay coltán
(además de oro y diamantes)
usado para los condensadores
de los teléfonos celulares
por el control de los minerales
corporaciones multinacionales
hacen esa guerra inacabable
5 millones de muertos en 15 años
y no quieren que se sepa
país de inmensa riqueza
con población pobrísima
80% de las reservas mundiales
del coltán están en el Congo
yace el coltán desde hace años
tres mil millones de años
Nokia, Motorola, Compak, Sony
compran el coltán
también el Pentágono y también
la corporación del New York Times
y no quieren que se sepa
ni quieren que se pare la guerra
para seguir agarrando el coltán
niños de 7 a 10 años extraen el coltán
porque sus pequeños cuerpos
caben en los pequeños huecos
por 25 centavos al día
y mueren montones de niños
por el polvo del coltán
o martillando la piedra
que les cae encima
también The New Yor Times
que no quiere que se sepa
y así es que no se sabe
ese crimen organizado
de multinacionales
la Biblia identifica
justicia y verdad
y el amor y la verdad
la importancia pues de la verdad
que nos hará libres
también la verdad del coltán
coltán dentro de tu celular
en el que hablas y hablas
y ríes en tu celular.


Da “El celular y otros poemas”
(2012)

Due è meglio di uno

28 giovedì Apr 2022

Posted by aitanblog in immagini, riflessioni, vita civile

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cognomi, genere

Cognome mio e cognome tuo in ricordo del nostro amor

In Spagna il doppio cognome è legge dal 1889, ma già dal XV secolo era costume, soprattutto tra i nobili, dare ai propri figli il primo cognome del padre insieme con il primo cognome della madre. Ciò anche per distinguere le tante persone che avevano cognomi uguali o simili (nel mondo ispanofono esistono milioni di García, di Rodríguez, di González, di Fernández, di López e tanti altri cognomi per lo più terminanti con il suffisso –ez, che a sua volta deriva dal genitivo latino –is: in pratica, i cognomi in -ez erano dei patronimici che indicavano che quella determinata persona era figlia o figlio di… Rodrigo, Gonzalo, Fernando, Lope…). Inoltre, dare il secondo cognome poteva dimostrare che la madre non avesse un cognome di ascendenza ebraica in un Paese che gli ebrei, dal 1492, li aveva espulsi o obbligati alla conversione. Ma più in là dei genitori non si poteva andare perché, in pratica, fino al secolo scorso, di norma, i padri e le madri che non facevano parte dell’antica nobiltà ispanica passavano ai propri figli solo il primo cognome, quello paterno e, pertanto, in genere quasi nessuno aveva più di due cognomi. In questo modo, si andavano perdendo anche eventuali origini ebraiche rintracciabili nei cognomi delle madri.
Nel nuovo millennio, invece, con il proliferare delle rivendicazioni di genere, sono arrivati i sacrosanti cambiamenti nell’ordine dei due cognomi dei neonati spagnoli (e nel mentre, per fortuna, si è persa l’esigenza di tenere sotto controllo l’eventuale presenza di sangue semita negli abitanti del regno spagnolo).
In pratica, già a partire dal 2000, era permesso registrare i figli anteponendo il cognome della madre a quello del padre, previa richiesta al Registro Civil e dichiarazione di mutuo accordo tra le parti.
Dal 2017, poi, le cose sono ulteriormente cambiate in direzione di una piena uguaglianza di genere: entro tre giorni dalla nascita del figli@, è diventato un obbligo scegliere l’ordine dei cognomi (altrimenti la scelta avviene d’ufficio secondo criteri fonici, o alfabetici, o di gusto dell’impiegato di turno…).
Inoltre, con questa nuova legge, i maggiorenni possono anche decidere di cambiare l’ordine dei propri cognomi o perfino di unirli e farli diventare un cognome composto (ciò al fine di caratterizzare cognomi troppo comuni oppure per fare in modo che non sparisca uno dei due nomi di famiglia passando solo il primo di padre in figlio).

In questi giorni anche l’Italia sta imboccando la direzione del doppio cognome e magari, retroattivamente, anch’io potrò cominciare a firmarmi Vergara De Vita (o viceversa) e mia figlia potrà decidere se chiamarsi Iavarone Vergara o Vergara Iavarone.


Tuttavia, in un Paese causidico come l’Italia, già immagino che, su questa giusta decisione della Corte Costituzionale, si ordiranno discussioni, contenziosi, lotte familiari e separazioni.

E poi smettetela, per favore, di fantasticare di cognomi che crescono esponenzialmente da 2 a 4, da 4 a 8, da 8 a 16, da 16 a 32 e così via, ad infinitum; per lo più nessuno avrà più di due cognomi e le firme continueranno ad entrare nello spazio di un rigo.

A meno che non vi chiamate Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno María de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Ruiz y Picasso (pare che fosse registrato così all’anagrafe il più grande pittore spagnolo del XX secolo) oppure Fernández de Córdoba Espinosa de los Monteros (che ho inventato io mettendo insieme due cognomi composti spagnoli).

Mi viene in mente la mia gatta (l’unico animale che ho avuto in casa, una siamese). Si chiamava Gatilla Exposita Encontrada de Madrugada, ma la chiamavamo Faní.

Concludo osservando che questi matrimoni possono dare alla luce tanti binomi fantastici e divertenti.
Scorrendo l’elenco telefonico spagnolo si possono trovare curiose combinazioni, tipo:

– Salido del Pozo (Uscito dal Pozzo)
– Fuertes de Barriga (Forti di Stomaco)
– Toro Bravo (Toro Selvaggio)
– Tetas Planas (Tette Piatte)
– Verdugo de Dios (Boia di Dio)
– Gallo Enamorado (Gallo Innamorato)
– Comino Grande (Fico Grande, ma anche, ehm, Cazzo Grande)

E infine, Calavera Calva (Cranio Calvo), che un po’ mi rappresenta. Più del comino.

word wars

27 mercoledì Apr 2022

Posted by aitanblog in immagini, versiculos, vita civile

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armi, colomba

armati di parole, senza corpo ferire



armatevi e partite
amatevi o patite

a(r)matemi, sono mite!
amatevi senza lite

amatevi odiatevi
ma fatela finita

andate o dannatevi
disarmatemi la vita

andate, oh dannati,
ridatemi la vita

Colombe incredibili

25 lunedì Apr 2022

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colomba, ucraina


Le sperimentazioni dei DakhaBrakha

I 15 secondi di musica che accompagnano questa mia clip li ho rubati ai DakhaBrakha, un gruppo musicale di avanguardia nato all’interno del Dakh, Centro teatrale d’Arte Contemporanea  di Kiev.


Come vorrei che i DB potessero continuare a sperimentare il loro ethno-caos che pesca nel folclore ucraino con l’aggiunta di sonorità contemporanee e innesti della musica africana, bulgara e ungherese.


Una colomba con i colori di un eclectus, di un’ara o di un pavone.


Una colomba che resiste ingabbiata, ma deve tornare a volare.

Aidez l’Ukraine!

23 sabato Apr 2022

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dubbi, guerra, guerra civile, ucraina


armare, amare o arare



L’immagine è una frettolosa rivisitazione di una celebre cartolina realizzata da Joan Mirò nel 1937 per raccogliere fondi per il fronte popolare, ai tempi della sanguinaria guerra civile spagnola.

La musica di sottofondo è un mio campionamento della tromba di Tom Harrel tratto dalla versione di “Silence” contenuta nell’album di Charlie Haden, “The Montreal Tapes: Liberation Music Orchestra” (1989).

I dubbi sono tutti miei e mi paralizzano la coscienza, anche se continuo a scrivere e a cazzeggiare con i segni e con i suoni. Perché non so fare altro.

So, silence!

Schegge e riflessi del secolo breve

22 venerdì Apr 2022

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guerra, guerra civile, guerra mondiale

1936-1939, Guerra civile spagnola, le forze nazifasciste di Hitler e Mussolini accorrono in aiuto di Franco con i loro eserciti di terra e di aria.
Sul versante opposto, l’Unione Sovietica manda al fronte popolare centinaia di aerei, carri armati e blindati, migliaia di fucili, mitragliatrici e bombe e milioni di proiettili; ma non i suoi uomini e i suoi eserciti.
Si mobilitano, invece, circa cinquantamila volontari provenienti da una cinquantina di differenti nazioni. Las Brigadas Internacionales. Non mercenari, ma antifascisti e difensori del modello di democrazia avanzata incarnato dalla Repubblica spagnola.

È la prova generale della seconda guerra mondiale, finita male per il fronte popolare e per tutta la Spagna democratica, libertaria, marxista, anarchica e antifascista.

Il bombardamento di Guernica diventa un simbolo dei disastri della guerra e un monito. Un monito non ascoltato.

Joan Miró, 1937 (da molti anni il desktop del mio pc)

Dopo la guerra, Francisco Franco governò la Spagna per altri 36 lunghissimi anni, ma non intervenne in modo diretto nel secondo conflitto mondiale. Quello che si concluse con i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.

La Spagna in quei tre crudelissimi anni fu funestata da qualcosa come 500mila morti (sul numero preciso si accapiglino gli storici).
Dal canto suo, la guerra mondiale, a distanza di pochi anni, produsse più morti di tutta l’attuale popolazione italiana (un numero oscillante tra i 60 e i 70 milioni di vittime militari e civili).
Una strage immane, un massacro inenarrabile e scellerato.


Ci penso da settimane.
[…]
Ma non riesco a trovare un senso.

Con la divisa di un altro colore

21 giovedì Apr 2022

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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coraggio, diserzione, guerra, nemici

La demonizzazione del nemico

Dopo che un Paese dispiega il suo lato più crudele sui campi di battaglia o nelle città invase, assediate e bombardate, li trovi dappertutto i precedenti storici e culturali per demonizzare i tuoi avversari. Cominci a leggere i segni della violenza e dell’aggressività anche nei loro costumi e perfino nelle espressioni artistiche e nei modi in cui parlano, camminano, danzano fanno l’amore e si relazionano con il mondo.
Nascondi a te stesso la banale verità che tutti i popoli della terra hanno fatto la guerra (salvo i rom, i sinti e i camminanti, probabilmente), e tutti, sui campi di battaglia e nelle città assediate, hanno commesso atti osceni di belligerante ferocia e belluina spietatezza.
A dispetto degli eventi raccontati (e spesso anche edulcorati o sofisticati) sui libri di storia, continui a trovare più facile pensare che la disumanità sia insita nel tuo nemico che comprendere che nei conflitti armati ogni uomo finisce per essere disumanizzato, sia in quanto aggressore che in quanto aggredito.
Non importa se combatte una “guerra giusta e sacrosanta”, se si sta difendendo da un’aggressione esterna o se si sta battendo per la pace, per la sicurezza, per la conquista di un posto al sole o per la libertà; non importa se sta dalla nostra parte della barricata o sul fronte del nemico…, ogni uomo regredisce a uno stadio primitivo e ferino quando gli mettono un’arma in mano e un nemico di fronte.
E considerate se questo è un uomo!

È molto più comodo spostare il male fuori di noi e dare alla crudeltà un connotato etnico (i turchi, i tedeschi, gli inglesi, i mongoli, i russi, i russi, gli americani) che accettare che ci disumanizziamo anche noi, quando imbracciamo un fucile o applaudiamo alle fucilate di una delle parti in conflitto esecrando, al tempo stesso, i colpi e le bombe dell’altra.
Facciamo fatica a capire che non abbiamo bisogno di eroi e di imprese leggendarie, ma di ponti e di persone capaci di dialogo e di comprensione. La guerra sospende il senso della realtà e offusca la ragione. La guerra distrugge ogni cosa e annichilisce tutto quello che fa dell’uomo un uomo.
Le armi dovrebbero diventare un tabù; i conflitti li dovrebbero risolvere i politici o i popoli, sui campi di calcio, nelle scelte degli acquisti e nei festival internazionali delle canzoni.
E i popoli invasi si dovrebbero armare di pernacchie, boicottaggi, forbici per tagliare i fili della corrente, chiavi idrauliche e chiodi per bucare le ruote all’invasore; non di fucili, mitra, bazooka, carri armati, granate, bombe a grappolo, armi chimiche, missili balistici, bombe atomiche, testate nucleari e clave.

E ora non mi rompete col vostro presunto realismo, con la sedicente inevitabilità della guerra e con la pace conquistata col sangue.
Questo realismo guerrafondaio ha fatto più danni del positivismo acritico e, alla luce dei fatti, conviene solo ai padroni delle industrie belliche e a quelli che pilotano dall’esterno la macchina. Gli altri, siamo tutti orfani di guerra. E sconfitti.
Io, da parte mia, preferisco apparirvi ingenuo e perfino infantile piuttosto che cercare la ragione nella follia della più totale e cieca distruzione e giustificare la scelta di affrontare un’altra persona fino all’ultimo sangue, fino all’ultimo barlume di vita e di emozione.
Preferisco anche che mi vediate come un vigliacco, un pavido, un pusillanime o un edonista “troppo” attaccato alla vita; preferisco essere identificato con un Pulcinella disertore piuttosto che un Capitan Fracassa, un Miles Gloriosus, un eroe morto, un Milite ignoto senza neanche più il corpo in cassa.

– A me non c’era nemmeno bisogno che mi torturavano: a me bastava che dicevano solamente, per esempio: “Guarda che se non parli… forse… ti torturiamo”. Immediatamente parlavo, scrivevo, cioè, se non capivano, facevo un disegno…

Eccolo qua, Massimo Troisi, un attimo prima di fare l’elogio di Giuda in “Ricomincio da tre” (1981). Perché bisogna comprenderle le cose prima di giudicare…

– Mo’ tutti quanti con “Giuda traditore”, “Giuda traditore”.
Si devono conoscere prima i fatti, eh?
Giuda avrà avuto una ragione per fare una cosa del genere, no?
– Eh no, per soldi.
– Eh, per soldi… E non è una ragione, scusa? Basta che lo facevano nascere ricco e già si evitava tutta questa ammuina, ‘sta cosa, l’uccisione, ‘o tradimento… Lasciamo stare, cioè perchè… quando uno non conosce la gente… non mi piace giudicare.
Perchè metti… cioè, tu hai bisogno… ‘sti trenta denari, quanto potevano essere, mettiamo due-trecentomila lire, quattrocento, non lo so, però avrà messo a posto le cose sue.
Metti che andava a casa e la moglie ogni volta: “Giuda, tu devi andare a lavorare. Giuda, ‘o padrone ‘e casa, la luce, l’acqua (per dire) ‘o telefono…”. “Tu non porti più soldi a casa!”
Si è visto i trenta denari in mano e ha detto “Ma che me ne importa? Adesso metto a posto la famiglia.” Per dire…

Ed ora non scivolate nell’errore di fare di Troisi/Pulcinella l’emblema del nostro carattere nazionale (o regionale).
Di disertori che si tirano fuori dai disastri della guerra, grazieaddio, se ne possono trovare in tutti gli eserciti del mondo. E i saggi – come Troisi – sono dappertutto, come pure quelli che prendono le medaglie al merito, tanto in vita, tipo Enrico Toti dalla gamba mozza, quanto in morte, tipo Salvo D’Acquisto, con una medaglia appiccicata sul corpo trivellato di colpi.
Per carità, due eroi veri (se ve ne sono), votati al sacrificio per la salvezza di altri uomini. Come martiri della fede. Due persone che scelgono come vivere e come morire, a fronte di milioni di corpi anonimi caduti sui campi di battaglia o nelle città distrutte dai bombardamenti. Carne da cannone.
E considerate se questo è un uomo.

Ma io non vedrei il carattere nazionale né in loro e nel loro spirito di mortale sacrificio, né nel Pulcinella/Troisi col suo diserzionismo estremo. Vedo solo due facce di un’umanità che si difende diversamente contro l’assurdità disumana della guerra.
E mi convinco sempre più che bisogna fare guerra alla guerra, innanzitutto.
Poi viene il resto e, soprattutto, imparare come vivere la pace e far convivere i popoli. Di certo non una cosa facile. Ma se ne può parlare, se mettete la pistola sul tavolo e tutte quelle armi nel bidone dei rifiuti speciali.

Dilaniato

19 martedì Apr 2022

Posted by aitanblog in idiomatica, invettive, riflessioni, versiculos, vita civile

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certezza, dubbi, niente

dubbi, incertezze e sicumera


Ad ogni buon conto
E in ogni situazione,
È meglio essere
Dilaniato dai dubbi
Che impietrito
Dalle certezze.

Da Dubito, forte sum (dove “forte” vuol dire forse, probabilmente)


Eppure io un po’ le invidio le persone che hanno pochi o nessun tentennamento. Quelli che sono certi di aver capito e restano sempre convinti di avere qualche verità da rivelarti. Quelli che ti interrompono prima che finisci di parlare e ti spiegano perché hai torto. Quelli che sanno distinguere da che parte stare e si sentono capaci anche di illustrarti da che parte stai tu; sebbene sia una vita che vai cercando un fottuto posto in cui fermarti a respirare, ma non ti trovi a tuo agio da nessuna parte e riscontri ovunque motivi di dubbio, rotture di coglioni e cause di allontanamento o di dissenso.
Un po’ le invidio queste persone. Invidio la loro convinzione di avere ragione, invidio la loro certezza di fare sempre la cosa giusta e resto sorpreso ogni volta che vedo che hanno la voglia, la volontà e l’intenzione di indicarti la strada da percorrere e le azioni da intraprendere o da non intraprendere per il tuo bene o per il bene di tutta l’umanità (che, immagino loro sentano davvero a portata delle loro mani e della loro capacità di rimodellamento).

Tuttavia, ogni tanto metto in pausa la mia sospensione del giudizio, e mi chiedo come mai proprio loro che sanno tutto non si rendano conto che io preferisco essere dilaniato dai dubbi, piuttosto che impietrito dalle certezze.
E poi, se hanno capito tutti questi fatti, perché non riescono a capire che mi sono rotto le scatole di stare a sentire come sputano sentenze e vomitano convincimenti e soluzioni che non basterebbe una vita a veder realizzate, seppure fossero giuste e ben concepite dal loro cervello a senso unico, dotato di paraocchi, parastinchi e pare-‘o-frate-d’o-cazzo.

Non aggiungo altro, se non il mio dubbio frequente che avrei fatto meglio a non dire niente (pecché ‘a meglia parola e’ chella ca nun se dice e nun se sente, e tu, avuote e gire, si sempe e sulo ‘na samente ca pensa doje e dice ciente pe’ tramento ca mozzeca pane e turmiento pure si nun trova pace e nun tene diente. Siscano e sosciano parole comme soscia o viento, ca pare ca parle, ma nun dice niente).

Fischiano e soffiano parole come soffia il vento, che sembra che parli, ma non dice niente.

Buona Pace anche a voi e famiglia

17 domenica Apr 2022

Posted by aitanblog in immagini, riflessioni

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Tag

pace, Pasqua, uovo

ovunque voi siate e comunque la pensiate

(più o meno)

¡Feliz PAZcua
de resurrección
a todo el mundo
y al mundo entero!

Tre TikTok e un videotutorial di 30 anni fa in un unico filmato

15 venerdì Apr 2022

Posted by aitanblog in da lontano, vita civile

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anni '90, imbianchini, video

E lo so bene, lo che 3 minuti sono tantissimi per voi utenti social(i)

Mia cugina Paola, la figlia di zio Gennaro, ha digitalizzato dei nastri video di tre decenni fa e me li ha girati.
Stavamo tinteggiando la casa di suo padre. Era estate. Lavoravamo divertendoci e, in più, Gennaro ci dava pure qualche contributo economico per le vacanze in cambio di tanto trastullo produttivo. Oltre a lui e a me, imbiancavano la casa anche mio cugino Biagio e mio fratello Roberto (li vedete nel video. Erano quelli magri, a quei tempi. In verità, lavoravano soprattutto loro; io, più che altro, mi dedicavo ai filmati e alle colonne sonore; tanto che mi meritati il soprannome di Concetto, in quanto, come un impiegato di concetto, mi sporcavo raramente le mani; salvo quando si trattava di fare qualche video-tutorial o di fingere di pitturare). Qualche volta veniva anche Paola a darci una mano o… a girare qualche clip.



Visti ora, questi spezzoni mi sono parsi come dei TikTok di 30 anni fa.
Ne ho montati tre o quattro e li ho messi qua come un documento del tempo che fu e un preannuncio di quello che è venuto dopo.
Prendeteli per quelli sono e non biasimatemi per la mia modernissima mancanza di vergogna.

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