• AitanLink
  • Su di me
  • E-mail
  • News
  • Immagini
  • Versículos
  • Textículos

((( aitanblog )))

~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

((( aitanblog )))

Archivi tag: lavoro

Rap/sodia del Primo Maggio

01 domenica Mag 2022

Posted by aitanblog in immagini, versiculos, vita civile

≈ Lascia un commento

Tag

lavoro, primo maggio

New Edition (ulteriormente ridotta, rammendata e riacconciata)

È primo maggio ed è pure domenica.
Nun tengo voglia ‘e fa niente.

Vi riciclo i miei auguri di un anno fa che riciclavano quelli di due, tre, quattro e cinque anni fa diretti a tutti coloro che il lavoro lo creano, lo fanno o lo cercano. Aggiungo le miei maledizioni per quelli che il lavoro lo distruggono, lo disprezzano o lo sfruttano.
E dedico le mie parole a chi di lavoro, pure quest’anno, è crepato.

Rap/sodia del Primo Maggio

Il lavoro mi piace
mi incanta
m’agguanta

Me ne starei ore
ed ore ed ore
davanti ad un cantiere
a guardare la gente
che fatica
suda e
travaglia

o le fimmine
che fanno
la maglia
mentre gli uomini
si allisciano la coglia
tra le pieghe
della vestaglia

È una storia antica
Chi magna
e chi fatica

La cicala
e la formica

E io che sogno
un primomaggio di lavoro
veramente intelligente
No di chi fa tanto
e di chi non fa niente
e ci guadagna pure tanto
ed eccessivamente
sulla schiena
della povera gente
che fatica suda
sfuma si sfoglia
trasuda rancore
e travaglia

Dignità e Rispetto
Lavorare per vivere
e non vivere per lavorare

Dignità Rispetto e Sicurezza
Lavorare per vivere
e non morire per lavorare

Dignità Rispetto
Sicurezza e Giustizia
Distribuire i pesi
e tutti equamente ricompensare

Lavorare bene
e nessuno il lavoro d’altri sfruttare

Aprile è stato crudele
Speriamo in un maggio migliore
Ma di speranza non vogliamo morire

E nemmeno
di lavoro
di non lavoro
o di lavorare




Grazie assai a T.S. Eliot, a Jerome K. Jerome a Enzo Del Re ed anche a me stesso per avermi dato inconsapevolmente in prestito qualche parola buona e giusta e qualche altra, di certo, un po’ meno (tra queste ultime, le mie di me medesimo, immagino).


Lavori Forzati

20 domenica Giu 2021

Posted by aitanblog in immagini, versiculos, vita civile

≈ Lascia un commento

Tag

lavoro, schiavitù

Dio condannò l’uomo al lavoro
per punire la sua supponenza
Ma fu l’uomo a sfruttare l’uomo
facendo del lavoro
un cappio un marchio o una catena

Il lavoro stanca
Il lavoro sfianca
Il lavoro uccide

Troppi morti sul lavoro
Troppi morti di lavoro
Troppi morti anche in difesa
della sicurezza sui posti di lavoro

Lavorare meno
Distribuire i carichi
E
prima di tutto
non vivere per lavorare
ma lavorare per vivere

E arrivarci vivi
alla fine della giornata



In memoria di Adil Belakhdim, di Abd Elsalam Ahmed Eldanf e delle centinaia e centinaia di lavoratori che muoiono sul posto di lavoro ogni anno in questo allegro Paese del G8.

Considerazioni di un uomo qualunque rubate su un autobus di linea e rimaneggiate in forma di poesia

01 martedì Giu 2021

Posted by aitanblog in immagini, riflessioni, versiculos, vita civile

≈ 1 Commento

Tag

denaro, lavoro, schiavitù

Vada come vada
sia come sia
mi pare un inganno
la vita
per la media borghesia.

Ti danno un lavoro,
ti danno una casa,
una macchina
ti danno
e tu subito
ti danni
per il lavoro
e loro,
oltre al danno,
la beffa ti fanno:
ché presto
pure
per la macchina,
il telefono e la casa
ti struggi
ti danni
e t’affanni.

E per ogni cosa
che t’entra in casa
un altro malanno
un’altra condanna
ogni giorno
ti affligge
t’angoscia
e t’ambascia
mentre la mente
si offusca
e si appanna.

E come se
non bastasse
ti trovi subissato
da imposte, tasse,
tratte, bollette,
rate non pagate,
assicurazioni
e altre ulteriori
infinite
rotture di coglioni.

(Quando
non crepi
prematuramente
nell’espletamento
delle tue funzioni.
Cosa vieppiù
frequente
se lavori
in Italia.)

Tutto ti danno
per toglierti tutto,
e tu sorridi inebetito,
d’anno in anno
sempre
più convinto
a votare il partito
di quelli
che diranno
che di più ti daranno

(senza contare
che, quand’anche
assolvessero davvero
alla loro premessa promessa,
quanto più ti daranno
tanto più danno faranno
a te e al mondo intero
che in allegro crescendo
stiamo di giorno in giorno
riducendo a un cimitero,
un punto di non ritorno,
un deserto senza
diritto di soggiorno,
un buco nero
tendente
a zero,
un inferno
senza più
anime in pena).

Insomma,
vada come vada
sia come  sia,
mi pare un inganno
la vita
per i poveri,
i mezzi ricchi
e la media borghesia.

E, se osservi bene,
autogabbati
e in catena
vedi, rivedi e senti
pure i possidenti
e i potenti
d’ogni razza e natura,
anche se
a dirlo ti pare
cosa dura,
fredda freddura,
definizione oscura
o sciocchezza oltremisura;
perché si può essere schiavi
anche del tanto e del troppo,
come chi si trova
senza briglie
in groppa
a un cavallo
al galoppo
e non sa
come scendere
a calpestare
terra.


Qui la prima versione dell’8 8bre 2008

Il mio tempo ai tempi della digitalizzazione del lavoro

07 lunedì Dic 2020

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

≈ Lascia un commento

Tag

DAD, lavoro, scuola, tempo libero

Come lavoratore della conoscenza, non mi spaventa tanto l’idea di essere sostituito da un robot o da un algoritmo che faccia al mio posto le operazioni più manuali e ripetitive che attengono alla mia attività lavorativa, quanto il pensiero che qualcuno monetizzi il tempo libero che deriva dalla digitalizzazione senza che io ne tragga alcun vantaggio.

Il digitale è un mezzo di per sé innocente che va im-piegato a vantaggio dell’uomo. Non è dannoso di per sé, può essere dannoso un suo uso distorto, acritico o non consapevole. Un po’ come l’acqua, che la puoi usare per bere, per lavarti, per sguazzarci dentro o per affogare.
In questi termini la digitalizzazione del lavoro dipendente può essere perfino intesa come uno strumento di liberazione, un modo per affrancarsi dall’alienazione e dalle catene (non solo quelle di montaggio…).

Se, per esempio, posso creare un test autocorrettivo che mi fa risparmiare il tempo e la scocciatura di passare in rosso decine e decine di errori dei miei alunni, non può che farmi piacere, visto che il tempo che dedico a un’attenta realizzazione di una prova digitale contenente le chiavi di risposta è ampiamente compensato dal tempo che risparmio nella correzione. Oltre al fatto che, a lavoro concluso, ho maggiore agio nell’analizzare gli errori singoli e quelli ricorrenti e concepire strategie per mettere a punto quello che non è arrivato ai ragazzi nel processo di apprendimento. Inoltre, credo che anche gli alunni si avvantaggino dei test autocorrettivi, dal momento che possono ricevere il risultato della loro produzione in modo più rapido e oggettivo.

E poi, restando nell’ambito dei vantaggi offerti dal mezzo, può risultare utile anche la possibilità di registrare lezioni per proporre una visione asincrona e replicabile, oppure usare lavagne interattive, preparare presentazioni multimediali, creare spazi di condivisione, aprire le mura di casa e di scuola alla realtà esterna, avere a disposizione un mare sterminato di dati in cui imparare a navigare, organizzare cacce al tesoro online…

Insomma, entro certi limiti, ben venga la digitalizzazione dell’insegnamento e di altre attività lavorative di tipo intellettuale.
L’importante, però, è che il tempo che si risparmia e la possibilità di replica delle attività salvate si trasformi in tempo libero per il dipendente salariato e non in ulteriore profitto per il datore di lavoro o in una diminuzione (ulteriore) dei posti di lavoro disponibili.

Se i padroni della ferriera vogliono per loro la capra dell’algoritmo e il cavolo del nostro tempo, ci dobbiamo far sentire e affermare con forza i nostri sacrosanti diritti. Cosa che nel mondo della scuola siamo piuttosto incapaci di fare.

Rapsodia del Primo Maggio

01 venerdì Mag 2020

Posted by aitanblog in versiculos, vita civile

≈ Lascia un commento

Tag

lavoro, primo maggio

April is the cruellest month.
We hope for a better May,
but in the meantime
MAY I work, please?

I like work: it fascinates me.
I can sit and look at it
for hours, hours and hours
in front of a building site.

Il lavoro mi piace,
mi incanta,
mi affascina.

Me ne starei ore
ed ore ed ore
a guardare
davanti ad un cantiere.

Buon primo maggio
a tutti e ad ognuno!

Dignità Rispetto e Sicurezza.
Lavorare per vivere
e non vivere per lavorare o morire.

Distribuire i pesi 
e tutti equamente ricompensare.
Lavorare bene
e nessuno il lavoro d’altri sfruttare.

L’ultimo giorno di lavoro

01 martedì Mag 2018

Posted by aitanblog in musiche, recensioni, vita civile

≈ 2 commenti

Tag

cover, lavoro

È una settimana che sto pubblicando su FB e su Tumblr una selezione di video di versioni sghembe, creative, inaspettate e originali di alcune delle mie canzoni preferite. Un brano veramente bello si presta a continue riletture e reinterpretazioni che ci fanno scoprire ogni volta sapori nuovi e sfumature che ci erano sfuggite.

Oggi, in coincidenza con la festa dei lavoratori, ho scelto una serie di cover di “Construção”, capolavoro assoluto di Chico Buarque; una delle più belle canzoni mai scritte; un testo eccezionale con una struttura unica e inscindibile dal senso del brano; una costruzione del testo che sembra ripetersi davanti ai nostri occhi, “mattone su mattone, in un disegno logico“, come la costruzione edile in cui è impegnato nell’ultimo giorno della sua vita il lavoratore che è il protagonista del brano.
La descrizione di una tragica giornata portata avanti con 41 versi di 14 sillabe ciascuno, tutti terminanti con parole sdrucciole che danno al canto un ritmo ripetitivo che sembra ricalcare la giornata di questo operaio che negli ultimi versi della prima parte del brano inciampò nel cielo come un ubriaco fradicio / e fluttuò nell’aria come se fosse un passero / e finì a terra come un sacco flaccido / e agonizzò in mezzo al passaggio pubblico; / morì contromano disturbando il traffico; e nella seconda parte della canzone, con un leggero slittamento di senso: inciampò nel cielo come se sentisse musica / e fluttuò in aria come se fosse sabato / e finì a terra come un pacco timido, / agonizzó in mezzo al marciapiede naufrago; / morì contromano disturbando il pubblico; e, infine, nella terza e ultima parte, fluttuò in aria come se fosse un principe / e finì a terra come un pacco ubriaco; / morì contromano disturbando il sabato.

La descrizione tragica e mozzafiato di un fatto comune e unico come una morte sul lavoro condotta con un andamento crescente e un testo ipnotico, “mattone su mattone, in un disegno magico“; come se fossimo improvvisamente sprofondati in un incubo.

La prima versione di questo capolavoro è stata pubblicata in un album del 1971 che contiene anche una cover brasiliana di “4 marzo 1943” di Paolo Pallottino e Lucio Dalla (qui intitolata “Minha Historia”) e un bellissimo brano scritto con Vinícius de Moraes che ho sempre considerato la fonte di ispirazione di “Poster” di Claudio Baglioni, una cover non dichiarata; insomma, un plagio, non so quanto volontario (l’originale di Buarque-De Moraes si chiama “Valsinha”, andatevelo a sentire, magari nella versione italiana realizzata da Sergio Bardotti e cantata nel ’72 sia da Patty Pravo che da Mia Martini; sempre di cover d’autore si tratta, e negli anni ’60 e ’70, in Italia, se ne facevano tante e molte, belle assai).

In ogni modo, la versione di “Construção” che riporto qui è quella di Mônica Salmaso, un’interprete brasiliana molto dedita al canzoniere di Chico Buarque de Hollanda.

Ma vi consiglio di ascoltare anche la versione spagnola del cantautore uruguaiano Daniel Viglietti.

E, ancora di più, quella in italiano (sempre tradotta da Bardotti) interpretata in modo intenso, struggente e creativo da Enzo Jannacci:

Perché di lavoro si può anche morire.

Chiacchiere da bar di un trentenne senza arte né parte

10 martedì Apr 2018

Posted by aitanblog in invettive, riflessioni, texticulos, vita civile

≈ 4 commenti

Tag

consumare, decrescita, lavoro

L’imperativo che ti hanno stampato in testa è produrre; produrre e consumare.
Consumare, consumare fino a consumarti. Consumare tutto… Il tempo, gli oggetti, l’aria, gli affetti, la frutta del supermercato e questo schifo di birra cinese. Devi consumare, devi consumare tutto e soprattutto il denaro che guadagni e ti consuma…

Ci hanno messo al mondo solo per questo, per farci spendere, spandere e sperperare senza limiti e senza freni, e per farlo non dobbiamo dipendere da nessuno, dobbiamo guadagnare, dobbiamo sistemarci, fare dei figli, mettere al mondo delle fottute nuove macchine da produzione e consumo…

Ma è chiaro che per realizzare tutto questo, devi prima avere un maledetto posto di lavoro… come tuo padre, come tuo nonno e come il padre del padre di tuo padre…
Non puoi spezzare questa maledetta catena di consumi e schiavitù.
Devi lavorare! Devi lavorare, porca miseria! Devi lavorare, lavorare e lavorare!
Forza, ti dicono, rimboccati le maniche e non startene con le mani in mano, che qui non c’è altro tempo da sprecare!

Ok, va bene, ho capito, ho capito, debbo lavorare, dico io… ma dove cazzo lo trovi oggi un lavoro? A meno che tu non voglia metterti a spacciare bamba o queste merdose birracce cinesi…
La produzione si è spostata in Romania, in Cina o in culo al mondo. Le fabbriche non hanno più operai, ma solo ammassi di ferraglia e teste quadrate, dico io. Nessuno ha più bisogno di te. D’un tratto vogliono che tu sia solo un consumatore.
Le cose che sprechi si fanno da un’altra parte… La frutta che mangi viene da un’altra parte… I tuoi vestiti… la tua moto… il tuo fumo… tutto viene da un’altra parte… Anche queste sedie, questo tavolo, queste schifose birre con etichetta italiana e manifattura asiatica o albanese…
Le macchine hanno preso il tuo lurido posto di schiavo della catena di produzione, dico io. Dovresti andartene altrove o travestirti da robot cinese, per riuscire a trovare uno straccio di lavoro. Oppure il lavoro te lo devi inventare, dicono…
Ma che cazzo vuoi inventare che qua hanno già fatto tutto!? E il resto di tutto lo stanno già pensando in Cina, in India o in Corea. E stai pur certo che lo faranno meglio e prima di te e di me, dico io!

Insomma, ti tengono lontano dalla catena produttiva e ti fanno vedere il lavoro come un miraggio, un obiettivo cui tendere, il fottuto sole che sta all’orizzonte. E tu, nel mentre, vivi alle spalle dei tuoi vecchi, che continuano ad ammazzarsi di fatica finché possono, e finché possono sostengono il prezzo dei tuoi consumi e quello dei tuoi vizi, dico io; almeno fino a quando non si innamorano della badante polacca e dedicano a lei tutte gli sforzi e quello che resta del patrimonio accumulato in decenni di schiavitù e di consumi.

Poi magari, all’improvviso, te lo fanno trovare anche a te un merdoso posto di lavoro e ti buttano nella produzione di servizi che non servono a niente e a nessuno, dico; e là ti lasceranno finché crepi. Ma ormai ti sei fatto antico pure tu. È da tanto che hai perso l’energia dei tuoi venti anni…

Cosicché, dopo tanta attesa, arriviamo ai nostri primi giorni di lavoro già stanchi e incazzati e mettiamo tutto il nostro impegno per lasciare il mondo peggio di come lo avevamo trovato, dico io…. Il che, a quanto pare, è l’unica cosa che riusciamo ancora a fare nel migliore dei modi possibili, dico.

…

E tu, smettila di guardarmi con quella faccia da paraculo e portami un’altra di queste sporche birre albanesi, che mi resta ancora qualche spicciolo dal malloppo che mi sono preso dal portafoglio del nonno. Prima che la pensione se la suga la polacca o il vecchiaccio si spende tutto all’enalotto, dico io!

Web e Rivoluzione

11 mercoledì Mag 2016

Posted by aitanblog in riflessioni, versiculos, vita civile

≈ 8 commenti

Tag

decrescita, lavoro, macchine, rivoluzione, tecnologie

Con la prima rivoluzione industriale i treni a vapore sostituirono i cavalli.

Con la seconda, le macchine sostituirono una gran parte degli uomini e dei loro calli.

Con la terza (quella magnifica, progressiva e globale), il resto degli u-mani fu sostituito dal basso costo dei musi gialli, imperversando tra monti, pianure e valli.

Oggi, un algoritmo sostituisce colletti bianchi, guardiani della soglia, valvassori e vassalli,

mentre ad ogni sovvertimento continuano ad arricchirsi pescecani, porci senz’ali e sciacalli.

Buon primo maggio a tutti e ad ognuno

01 domenica Mag 2016

Posted by aitanblog in versiculos, vita civile

≈ 3 commenti

Tag

immigrazione, lavoro, maggio

(Tutto un campionario di ovvietà che mi pare il caso di ribadire)

 

Buon primo maggio a tutti e ad ognuno

A chi un lavoro ce l’ha
ma si è rotto le scatole di sgobbare
a chi lo ha perso e non si riesce a capacitare
e a chi lo vorrebbe
ma proprio non lo riesce a trovare

Lavorare tutti
Lavorare meno

Basta con le pensioni dei vecchi
che mantengono e detengono le nuove generazioni
e non le lasciano crescere e lavorare

Dateci di meno quando smettiamo di faticare
o smettetela di sfruttarci o rubare
ma fate lavorare dignitosamente i nostri figli
i figli dei nostri figli
e i figli di coloro che vengono da lontano per lavorare

Dignità Rispetto e Sicurezza
Basta con i morti sul lavoro
e con il lavoro da morti di fame

Dignità Rispetto e Sicurezza
Lavorare per vivere
e non vivere per lavorare o morire
sul posto in cui si va a lavorare

Dignità Rispetto e Sicurezza
Lavorare tutti e tutti decorosamente lavorare
Distribuire i pesi e tutti equamente ricompensare
Lavorare bene e nessuno il lavoro d’altri sfruttare

Una donna austera dello scorso millennio

08 lunedì Feb 2016

Posted by aitanblog in da lontano, immagini, vita civile

≈ 8 commenti

Tag

cambiamento, campagna, canapa, donne, immagini, lavoro, storie

Storie di canapa e di cambiamenti

La mia bisnonna, madre del mio nonno paterno, la chiamavano ‘A principale, ma il suo nome era Orsola, Orsola Farina, un nome che mi ha sempre fatto pensare al freddo polare e agli orsi bianchi. Era una signora pratica, donna Orsola, una femmina concreta, tutta dedita alla famiglia e al lavoro; una donna temutissima dai braccianti e dalle “pettinatrici” che lavoravano nella sua azienda e forse anche da molti dei suoi e miei parenti più prossimi e lontani.
Una dissacrante versione familiare vuole che il mito della sua incredibile capacità di tenere sotto controllo i dipendenti della sua azienda fosse dovuto al fatto che il marito, disertore, si nascondesse tra le balle di canapa e cogliesse l’occasione per spiare i lavoranti, per poi riportare alla moglie notizie di quelli che rubavano, gozzovigliavano, rallentavano la produzione, sprecavano i materiali o mal lavoravano. Ma è probabile che queste siano solo ricostruzioni leggendarie e irriverenti. Quello che è certo è che la canapa era il fulcro della sua vita e la materia prima su cui si sosteneva gran parte dell’economia frattese fino alla prima metà del ‘900.
Sarà stato per questo che donna Orsola volle farsi ritrarre tra le balle di canapa come una delle lavoranti della sua azienda, ma con lo sguardo dritto di chi è abituato a comandare e non si fa intimidire da nessuno, nemmeno da quel pittore venuto da chissà dove.

image

“Ritratto di Orsola Farina detta ‘A Principale” di Luigi Avitabile, 1939 -olio su tela, 100x110cm.

Io l’ho conosciuta, la bisnonna, quando già la sua mente vacillava. Il donnone che un paio di decenni prima faceva tremare chiunque incrociasse il suo sguardo si era trasformato in una stramba vecchina che faceva ridere nipoti e bisnipoti e suscitava tristezza e sconforto in tutti quelli che intravedevano in lei i segni della loro stessa decadenza.
Erano arrivati gli anni ’70, la canapa era stata sostituita da più economiche e meno lavorate fibre sintetiche; Donna Orsola aveva cominciato a vivere in un appartamentino piccolo borghese, l’azienda aveva chiuso da anni e il patrimonio si era esaurito ancora prima. Lei, però, credeva di abitare ancora nel suo “palazzo” padronale che intanto era diventato un condominio di 46 appartamenti e non so quanti negozi: vedeva noi bambini scorrazzare giù al cortile e gridava che le galline erano scappate dal pollaio e giravano in bici; andava dal dentista e voleva pagare in centesimi di lira; tagliava, lavava e stendeva ad asciugare i polsini della vestaglia per non sprecare soldi, tempo e acqua a lavare tutta una vestaglia macchiata solo su un polsino; scambiava le barbe di mio padre e di mio zio Gennaro per dei missionari della comunità del nipote Mario, per il quale lei, sempre così attenta al valore del denaro, era disposta ad elargire un obolo destinato ai poveri della Birmania o di altri paesi sconosciuti e lontani. Ma il ricordo più vivido che ho della bisnonna Orsola risale a quando mi nascondevo sotto il suo letto coi miei cugini e la vedevo parlare allo specchio con il suo riflesso: pensava di comunicare con la sorella e finiva sempre per irritarsi quando, d’improvviso, quel vecchio corpo piegato dagli anni spariva dietro l’anta dell’armadio.

image

Col tempo, sai, tutto passa e se ne va: le schiene si curvano, le menti si affievoliscono, gli edifici crollano e i ricordi si nascondono ai bordi degli specchi. Ma a volte ritornano con forza momenti del passato ed anche usi, modi e tradizioni che sembravano destinati a definitiva sparizione. Non si muove su una linea retta la storia; piuttosto segue percorsi a zig zag, spirali, parabole e curve che si richiudono su se stesse.
Ora, pare che anche la produzione e la trasformazione della canapa possano avere una nuova vita qui a Frattamaggiore, in questo territorio avvallato tra Napoli e Caserta, nelle stesse zone in cui erano impegnati a lavorarla e venderla donna Orsola e le donne e gli uomini che erano alle sue dipendenze.
Per come la vedo io, sarebbe molto bello assistere a questa rinascita della tradizione canapiera locale, ma con condizioni e contratti di lavoro da terzo millennio e senza l’occhio severo della Principale affacciata al balcone a guardare le galline scorrazzare in bici o ritratta con le mani intente a intrecciare la canapa che era stata lavorata da qualcun altro.

Campagna, campagna,
comme è bella ‘a campagna,

Ma è cchiù bella p’o padrone
ca se regne ‘e sacche d’oro
e ‘a padrona sua signora
ca si ‘ngrassa sempre cchiù
ma chi zappa chesta terra
pe’ nu muorz’ ‘e pane niro
ca ‘a campagna s’arritrova
d’acqua strutt’ e culo rutto

[…]

Campagna, campagna
comme è bella ‘a campagna

è cchiù bella p’e figlie
do padrone da terra
ca ce vene sulamente
cu ll’amice a pazzià,
ma po’ figlio do bracciante
‘a campagna è n’ata cosa
‘a campagna è sulamente
rine rutt’ e niente cchiù.

Campagna, campagna,
comme è bella ‘a campagna.

Sono versi di Franco Del Prete, un altro frattese, cantati dai Napoli Centrale in un memorabile disco del ’75 che ascoltavo da ragazzino dal jukebox del bar del mio nonno materno, dove Franco, da ragazzino, aveva lavorato. Ma questa è un’altra ed è la stessa storia di paese, di provincia e di periferia.

← Vecchi Post
link al sito personale di Gaetano "Aitan" Vergara

L’aitanblog delle origini

Link all'aitanblog di splinder duplicato su iobloggo con relativo blogroll delle origini, in memoria dei tempi andati.

Accessi su WP

  • 122.725 visite

Commenti recenti

aitanblog su La poesia contemporanea
aitanblog su Il passato che non si cancella…
Fairy Queen su La poesia contemporanea
Antares666 su Il passato che non si cancella…
aitanblog su Un timore senza rumore
cristina bove su Un timore senza rumore

feed

feed ad aitanblog

Blogroll

  • Altri Appunti
  • Ancorapoesia
  • Certe piccole manie
  • Citarsi addosso
  • Colfavoredellenebbie
  • El miedo escénico
  • Falconier
  • Germogliare
  • Giacy.nta
  • Haramlik
  • Io Guido
  • Jazzfromitaly
  • Les Miroirs
  • Letteratura di Eva
  • Lunediscrittori
  • Mangino Brioches
  • mariobiancoart
  • Mrs. Quentin
  • Musa quotidiana
  • No Time to Lose
  • Panta Rei
  • Perzico
  • Pro memoria
  • Stileminimo
  • Tartina
  • Turquoise
  • Zarinia
  • Zaritmac

Categorie

link al sito web di Gaetano Aitan Vergara

Sfogliami

giugno: 2022
L M M G V S D
 12345
6789101112
13141516171819
20212223242526
27282930  
« Mag    

Indice per mesi e anni

  • giugno 2022 (16)
  • Maggio 2022 (13)
  • aprile 2022 (18)
  • marzo 2022 (18)
  • febbraio 2022 (15)
  • gennaio 2022 (19)
  • dicembre 2021 (18)
  • novembre 2021 (16)
  • ottobre 2021 (20)
  • settembre 2021 (18)
  • agosto 2021 (18)
  • luglio 2021 (13)
  • giugno 2021 (14)
  • Maggio 2021 (17)
  • aprile 2021 (11)
  • marzo 2021 (14)
  • febbraio 2021 (14)
  • gennaio 2021 (15)
  • dicembre 2020 (15)
  • novembre 2020 (10)
  • ottobre 2020 (13)
  • settembre 2020 (4)
  • agosto 2020 (4)
  • luglio 2020 (12)
  • giugno 2020 (10)
  • Maggio 2020 (9)
  • aprile 2020 (6)
  • marzo 2020 (13)
  • febbraio 2020 (4)
  • gennaio 2020 (7)
  • dicembre 2019 (8)
  • novembre 2019 (8)
  • ottobre 2019 (7)
  • settembre 2019 (10)
  • agosto 2019 (9)
  • luglio 2019 (11)
  • giugno 2019 (8)
  • Maggio 2019 (10)
  • aprile 2019 (3)
  • marzo 2019 (7)
  • febbraio 2019 (7)
  • gennaio 2019 (6)
  • dicembre 2018 (7)
  • novembre 2018 (6)
  • ottobre 2018 (4)
  • settembre 2018 (9)
  • agosto 2018 (7)
  • luglio 2018 (8)
  • giugno 2018 (6)
  • Maggio 2018 (8)
  • aprile 2018 (6)
  • marzo 2018 (8)
  • febbraio 2018 (6)
  • gennaio 2018 (8)
  • dicembre 2017 (6)
  • novembre 2017 (3)
  • ottobre 2017 (7)
  • settembre 2017 (3)
  • agosto 2017 (6)
  • luglio 2017 (5)
  • giugno 2017 (3)
  • Maggio 2017 (4)
  • aprile 2017 (8)
  • marzo 2017 (5)
  • febbraio 2017 (5)
  • gennaio 2017 (3)
  • dicembre 2016 (7)
  • novembre 2016 (5)
  • ottobre 2016 (2)
  • settembre 2016 (6)
  • agosto 2016 (9)
  • luglio 2016 (8)
  • giugno 2016 (5)
  • Maggio 2016 (6)
  • aprile 2016 (5)
  • marzo 2016 (5)
  • febbraio 2016 (4)
  • gennaio 2016 (6)
  • dicembre 2015 (8)
  • novembre 2015 (6)
  • ottobre 2015 (8)
  • settembre 2015 (6)
  • agosto 2015 (6)
  • luglio 2015 (6)
  • giugno 2015 (3)
  • Maggio 2015 (4)
  • aprile 2015 (4)
  • marzo 2015 (1)
  • febbraio 2015 (3)
  • gennaio 2015 (2)
  • dicembre 2014 (2)
  • novembre 2014 (1)
  • ottobre 2014 (3)
  • settembre 2014 (2)
  • agosto 2014 (4)
  • luglio 2014 (5)
  • giugno 2014 (4)
  • Maggio 2014 (2)
  • aprile 2014 (4)
  • marzo 2014 (4)
  • febbraio 2014 (2)
  • gennaio 2014 (4)
  • dicembre 2013 (6)
  • novembre 2013 (2)
  • ottobre 2013 (6)
  • settembre 2013 (2)
  • agosto 2013 (4)
  • luglio 2013 (1)
  • giugno 2013 (3)
  • Maggio 2013 (3)
  • aprile 2013 (3)
  • marzo 2013 (3)
  • febbraio 2013 (3)
  • gennaio 2013 (1)
  • dicembre 2012 (6)
  • novembre 2012 (2)
  • ottobre 2012 (3)
  • settembre 2012 (4)
  • agosto 2012 (3)
  • luglio 2012 (2)
  • giugno 2012 (4)
  • Maggio 2012 (4)
  • aprile 2012 (5)
  • marzo 2012 (5)
  • febbraio 2012 (6)
  • gennaio 2012 (6)
  • dicembre 2011 (6)
  • novembre 2011 (5)
  • ottobre 2011 (4)
  • settembre 2011 (6)
  • agosto 2011 (5)
  • luglio 2011 (4)
  • giugno 2011 (3)
  • Maggio 2011 (4)
  • aprile 2011 (5)
  • marzo 2011 (6)
  • febbraio 2011 (5)
  • gennaio 2011 (4)
  • dicembre 2010 (5)
  • novembre 2010 (5)
  • ottobre 2010 (3)
  • settembre 2010 (5)
  • agosto 2010 (4)
  • luglio 2010 (5)
  • giugno 2010 (7)
  • Maggio 2010 (4)
  • aprile 2010 (4)
  • marzo 2010 (8)
  • febbraio 2010 (4)
  • gennaio 2010 (5)
  • dicembre 2009 (8)
  • novembre 2009 (4)
  • ottobre 2009 (5)
  • settembre 2009 (7)
  • agosto 2009 (3)
  • luglio 2009 (6)
  • giugno 2009 (6)
  • Maggio 2009 (5)
  • aprile 2009 (5)
  • marzo 2009 (7)
  • febbraio 2009 (6)
  • gennaio 2009 (8)
  • dicembre 2008 (7)
  • novembre 2008 (7)
  • ottobre 2008 (8)
  • settembre 2008 (7)
  • agosto 2008 (6)
  • luglio 2008 (5)
  • giugno 2008 (7)
  • Maggio 2008 (9)
  • aprile 2008 (7)
  • marzo 2008 (9)
  • febbraio 2008 (7)
  • gennaio 2008 (6)
  • dicembre 2007 (7)
  • novembre 2007 (8)
  • ottobre 2007 (9)
  • settembre 2007 (7)
  • agosto 2007 (4)
  • luglio 2007 (8)
  • giugno 2007 (6)
  • Maggio 2007 (6)
  • aprile 2007 (7)
  • marzo 2007 (4)
  • febbraio 2007 (7)
  • gennaio 2007 (8)
  • dicembre 2006 (7)
  • novembre 2006 (8)
  • ottobre 2006 (5)
  • settembre 2006 (8)
  • agosto 2006 (4)
  • luglio 2006 (8)
  • giugno 2006 (6)
  • Maggio 2006 (7)
  • aprile 2006 (5)
  • marzo 2006 (6)
  • febbraio 2006 (4)
  • gennaio 2006 (5)
  • dicembre 2005 (5)
  • novembre 2005 (5)
  • ottobre 2005 (5)
  • settembre 2005 (4)
  • agosto 2005 (6)
  • luglio 2005 (4)
  • giugno 2005 (6)
  • Maggio 2005 (7)
  • aprile 2005 (8)
  • marzo 2005 (7)
  • febbraio 2005 (6)
  • gennaio 2005 (8)
  • dicembre 2004 (7)
  • novembre 2004 (7)
  • ottobre 2004 (8)
  • settembre 2004 (6)
  • agosto 2004 (6)
  • luglio 2004 (8)
  • giugno 2004 (7)
  • Maggio 2004 (8)
  • aprile 2004 (7)
  • marzo 2004 (10)
  • febbraio 2004 (10)
  • gennaio 2004 (5)
  • dicembre 2003 (5)
  • novembre 2003 (10)
  • ottobre 2003 (9)
  • settembre 2003 (2)
licenza creative commons

About me

  • AitanLink
  • E-mail
  • News
  • Su di me
  • Immagini
  • Textículos
  • Versículos

Tag Cloud

amicizia anarchia arte attentati auguri autunno bambini blog bufale cambiamento compleanno coronavirus covid19 crisi da lontano decrescita digitale dubbi egitto facebook fake news formazione futuro giustizia governo goya guerra idiomatica immagini immigrazione indifferenza in memoria inter ludi interludi invettiva invettive lavoro luce mare memoria migranti morte musica musiche napoli Natale padre pandemia parole poesia politica primavera pun puzzona razzismo recensioni rete ricordi romantico scrittura scuola social social network sogno stefania storia tempo texticulos ucraina vaccini versi versiculos video vino vita civile

BlogItalia

BlogItalia - La directory italiana dei blog

Crea un sito o un blog gratuito su WordPress.com.

Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie.
Per ulteriori informazioni, anche sul controllo dei cookie, leggi qui: Informativa sui cookie
  • Segui Siti che segui
    • ((( aitanblog )))
    • Segui assieme ad altri 364 follower
    • Hai già un account WordPress.com? Accedi ora.
    • ((( aitanblog )))
    • Personalizza
    • Segui Siti che segui
    • Registrati
    • Accedi
    • Segnala questo contenuto
    • Visualizza il sito nel Reader
    • Gestisci gli abbonamenti
    • Riduci la barra
 

Caricamento commenti...