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((( aitanblog )))

~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

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Archivi Mensili: agosto 2021

il pane, il companatico e i bisogni primari

30 lunedì Ago 2021

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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Tag

green pass, libertà, necessità

E comunque vorrei ricordare a tutte le persone libere di questo mondo che libertà non è pane.
Uno se la deve poter permettere, la libertà.
Con la pancia vuota non si va da nessuna parte. Solo in cerca di cibo.
Perciò, prima bisogna liberarsi dai morsi della fame e poi si può pensare ai diritti della persona, alle parole astratte e ai concetti più arditi, ascendenti ed astrusi.


vedi nota*

E se uno c’ha pure famiglia, deve prima sfamare tutte quelle bocche spalancate nell’attesa. (Anche per questo è fatto veto ai preti di sposarsi. Se uno è troppo legato ai dettami della carne sua e dei suoi congiunti, lo spirito resta imbrigliato nelle necessità e non riesce a liberarsi per innalzarsi alla dimensione della trascendenza.)

Se ne accorsero pure i contadini e perfino certi frati del Sud Italia quando arrivò Garibaldi a liberarli.**
E se ne sono accorti in tanti, nei Paesi dell’Est, alla caduta del muro, quando sono diventati liberi di fare gli schiavi in Occidente per guadagnarsi il pane e un po’ di companatico da mandare ai parenti rimasti a casa, nelle terre liberate.

E poi, con la presunta conquista delle libertà civili, sale la soglia delle necessità; soprattutto se vivi in una democrazia ipercapitalistica con tutti quei bonus per cambiare auto e televisori e per installare il condizionatore in ogni stanza, buco ed anfratto delle tue abitazioni.
Libero di comprare tutto quello che ti pare fino a quando ti lasciano spendere, spandere e indebitarti.
E per fare soldi non ti resta nemmeno tempo per pensare.
Puoi solo seguire il flusso.
Poco spazio a dubbi, ripensamenti e incertezze.

Se ne stanno accorgendo pure i lavoratori italiani in cerca di green pass.
Hai voglia di fare chiacchiere e pensarla (a torto o a ragione) in modo diverso dal mainstream. Quando hai fame e prole, te lo stampi in fronte il certificato vaccinale, basta che a fine mese ti arrivi lo stipendio a casa.

Chi è libero da vincoli e bisogni, invece, è più facile che sia disposto a fare qualche sacrificio per portare avanti le sue idee vestendo i panni del martire, del profeta inascoltato o dell’eroe.

Insomma, del superfluo puoi pure liberarti, traendo perfino piacere dall’eliminazione dell’innecesario dalla tua vita; ma il necessario resta là con tutta la sua forza imperativa a ricordarti che, all’ora di pranzo, nessuno mette a tavola orgoglio, coerenza e dignità. Figuriamoci poi la libertà che, come è risaputo, non è pane e non si lascia mai azzannare, mordere o mozzicare da chicchessia o da chicchenonsia, comunque la pensi o sia pensato.


Note e notarelle

*
L’immagine l’ho trovata in rete, non conosco l’autore, ma, a giudicare dai risultati di una mia ricerca con Google Lens, credo si tratti di un vignettista di lingua araba (anche se alcune tracce mi portavano pure in Turchia).

**
“Il popolo avrà libertà e scuole”.
“E nient’altro!” interruppe il frate: “perché la libertà non è pane e la scuola nemmeno. Queste cose basteranno per voi Piemontesi; per noi qui no”.
“Dunque che ci vorrebbe per voi?”
“Una guerra non contro i Borboni, ma degli oppressi contro gli oppressori, grandi e piccoli, che non sono soltanto a Corte, ma in ogni città in ogni villa”.
“Allora anche contro di voi frati, che avete conventi e terre dovunque sono case e campagne!”
“Anche contro di noi: anzi prima che contro ogni altro! Allora verrei. Così è troppo poco”.

Giuseppe Cesare Abba, “Da Quarto al
Volturno. Noterelle d’uno dei Mille“, 1880


La musica è finita, sta finendo o sta diventando un’altra cosa?

28 sabato Ago 2021

Posted by aitanblog in immagini, musiche, riflessioni, vita civile

≈ 2 commenti

Tag

futuro, mercato, musica

Il mercato musicale nel terzo millennio – Segue dibattito

Che se ne faranno i musicisti della loro musica ora che i dischi non si vendono e i concerti dal vivo si organizzano con sempre maggiori difficoltà e in tremende ristrettezze economiche?
Stante così le cose, o suonare e cantare diventa una seconda attività o si muore di fame (considerato anche che dai passaggi dei brani sulle piattaforme a pagamento si guadagnano quattro soldi).

La mia impressione è che qui continuiamo a preoccuparci del supporto su cui si conserverà la musica nelle nostre case e tra le nostre cose (vinile, cd, pendrive, cloud, ri-vinile) mentre il mercato musicale da solido sta diventando liquido, gassoso, evanescente. Con tutte le conseguenze del caso per le maestranze, i manager, i maneggioni, i maestri, i mestieranti e i mercanti che gravitano intorno al tempio.

Mi chiedo spesso se ci sia ancora spazio per un ragazzo di oggi per sognare di guadagnare scrivendo canzoni, cantando o suonando in una band, in una posse, in un combo jazz o in un ensamble  sinfonico.
E mi chiedo anche se tra qualche anno ci possa essere ancora qualcuno, da qualche parte, che progetti la produzione di un album da far ascoltare e riascoltare nel tempo, invece di scrivere brani da consumare in rete nell’arco di una stagione, all’insegna di un successo subitaneo, effimero e immediato.

Non ho risposte.
Solo domande.
Ma so per certo che, di questi tempi, se non hai un mecenate o una struttura pubblica che ti sostiene, le possibilità di vivere di musica diventano sempre più ristrette e riservate a poche mega-star (che molto probabilmente saranno seguite più in quanto personaggi o giullari alla corte dell’influencer di turno che per le loro qualità artistiche; e non è escluso che quelli che avranno maggior successo non saranno nemmeno persone in carne, sangue e midollo spinale, ma prodotti creati a tavolino da software sempre più avanzati di artificial intelligence che pescheranno nei successi del passato e creeranno loop da riassemblare per emozionare e accalappiare un pubblico poco educato alla ricezione del nuovo ed all’ascolto attivo).

Stante così le cose, in un futuro non lontano, la musica, per i più, rischia di trasformarsi esclusivamente in un hobby. Come il bricolage o la scrittura di poesie che non legge nessuno.

(Che poi, è chiaro, si può vivere senza musica, senza poesia e senza aver mai visitato un museo o letto un libro. Si può vivere anche senza relazionarsi veramente con qualcuno e senza aver mai amato o bevuto vino.
Ma obiettivamente si vive una chiavica e si finisce per capire poco di se stessi e del mondo che ci gira intorno a ritmo sempre più vorticoso e imprendibile.)

I Tiempo Antico, intimamente

27 venerdì Ago 2021

Posted by aitanblog in musiche, recensioni

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live

Stasera, nella Villa Comunale di Frattamaggiore, concerto dei Tiempo Antico in versione acustica ristretta (senza basso e batteria), con Giovanni Sorvillo alla chitarra ritmica, alla voce e al sax tenore; Salvatore Acerbo alla chitarra solista e Mario  Lupoli al sax soprano. In vari brani il trio acustico si è avvalso del contributo del percussionista Pasquale Marchese alle tablas.
Il gruppo, nel solco della tradizione musicale sincretica del Neapolitan Power, ha proposto brani tratti dai loro album Cadebè e Mea Culpa.


Il concerto si è aperto con i brani Anima Antica e ‘Na musica sincera.
Poi, con l’aggiunta di Pasquale Marchese, abbiamo ascoltato ‘O Re do Sole (canzone dall’interessante tempo tanguero) e il brano eponimo Mea culpa (che nella versione registrata in studio si avvaleva della collaborazione del compianto Franco Del Prete e di Vittorio Remino).

Di seguito Sorvillo ha imbracciato il tenore e ha sfoggiato il suo potente suono educato alla scuola del Maestro Antonio Balsamo e di James Senese e Larry Nocella, per farci sentire una struggente versione di ‘A Musica, a mio sentire il pezzo più bello della serata, insieme a una convincente e minimale versione del capolavoro di Luis Bonfá Manhã de Carnaval, conosciuto anche sul Real Book del Jazz come Black Orpheus.

In conclusione i brani Sa paciugat (che in romagnolo pare che significhi “Che stai combinando?”) e Giuann’ Battista (marchio di fabbrica di questa band del sempre prolifico hinterland napoletano ).

Tra le Note di una Chiara Fontana

26 giovedì Ago 2021

Posted by aitanblog in musiche, recensioni

≈ 3 commenti

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Chia Ra, FdA

Chia Ra non ha ancora 18 anni, ma la sua pagina artistica su FB (Claire’s Thyme Fair) ha già un suo seguito di ascoltatori attenti e fedeli alla linea. Per quelli che rincorrono i numeri parliamo di 3.617 follower sul Faccialibro e decine e decine di commenti e pollicioni eretti a ogni post cantato.
Di solito accompagna da sola alla chitarra la sua voce delicata, cristallina, precisa e potente, ma su Youtube possiamo ascoltare una sua interpretazione del “Sogno di Maria” con l’accompagnamento alla tastiera di Alberto Fauro che ha ottenuto più di 6.000 meritate visualizzazioni.

Ancora numeri.
Ma quello che è certo è che Chia Ra i numeri per interpretare ballate e canzoni dei cantautori della mia generazione (Guccini, De André, Lolli, ma anche Leonard Cohen) ce li ha tutti. Lo scorso anno ha anche vinto un contest per la miglior cover di Francesco Guccini (non ricordo se interpretava “Piccola Città”, “Incontro” o “Cinque anatre”; le cante tutte magistralmente).

Stasera, nella Villa Comunale di Frattamaggiore, ci ha deliziato con una sua rilettura del repertorio del Fabrizio De Andrè dei primordi (dagli inizi, nei primi anni ’60, a “Storia di un impiegato e di una bomba”, 1973, con un paio di incursioni nel repertorio di “Rimini”, 1978).
Non è facile coverizzare De Andrè (per me, fino ad ora, c’era riuscita a pieno solo Elena Ledda, la cui interpretazione di “Tre madri”, in lingua sarda, reputo superiore all’originale).

Il concerto si è aperto con “Marcia Nuziale”, seguito da “Avventura a Durango” e “Sally” (i due brani del ’78 di cui parlavo prima).
Poi è arrivata una struggente interpretazione di due delle più belle e pure canzoni d’amore del repertorio di FdA: “Per i tuoi larghi occhi” (in cui Chia Ra ha dato il meglio di sé) e “La canzone dell’amore perduto”.

Di seguito due capolavori dalla “Buona Novella” (1970): “Il sogno di Maria” e “Il Testamento di Tito” e un bell’accostamento di due canzoni di atmosfera medievale ma di opposto tono: “Nell’acqua della chiara fontana” (traduzione di “Dans l’eau de la claire fontaine” di Georges Brassens) e  “Carlo Martello” (brano ironico e graffiante scritto con Paolo Villaggio e ripreso anche dal gruppo argentino Les Luthiers; se volete saperne di più della geo-storia di questo canzone, ne parlo qui, pallosamente aitanblog.wordpress.com/2006/08/31/293/).


Infine, due canzoni difficili e per nulla scontate da “Storia di un impiegato”: “La canzone del padre” e “Nella mia di libertà” (la cui strofa “diventare così coglioni / da non riuscire più a capire / che non ci sono poteri buoni” avrò citato centinaia di volte e trovo sempre di stretta e tragica attualità).

Un repertorio non scontato e ben bilanciato quello scelto da Chia Ra.
Il che denota una sensibilità fuori dal comune che la porta a interpretare queste canzoni con una intensità e una capacità di scavo che le fanno valorizzare ogni singola parola.
E a volte le parole sono schiaffi.
Io queste canzoni le ascoltavo all’età che ha ora Chi Ra. Lei le reinterpreta e le fa sue con sorprendente sensibilità e non comuni capacità vocali (la sua voce sta più o meno un’ottava sopra gli originali di FdA, un po’ come quando Joan Baez rifaceva la “Canzone di Marinella”, si parva licet componere magnis). Si capisce che ha studiato e scandagliato ogni singolo passaggio delle canzoni che canta per mettere la sua musicalità e la sua capacità interpretativa a disposizione dei brani e farci arrivare le emozioni che le hanno provocate: dall’ironia di Carlo Martello alla denuncia della

[…] nostra ultima canzone
che vi ripete un’altra volta
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti

(E be’, io mi sono sentito molto coinvolto, anche se credo che l’età mi sta spostando giorno per giorno dall’altro lato della barricata. Ma questo col bel concerto di Chia Ra credo che c’entri poco.)

La Gnòsi di Pasquale

25 mercoledì Ago 2021

Posted by aitanblog in idiomatica, recensioni

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Una Rilettura delle Fànfole

Ho appena assistito a un concerto in cui si riproponevano alcune delle composizioni poetiche raccolte nella “Gnòsi delle Fanfole” di Fosco Maraini musicate da Pasquale Vergara ed eseguite, chitarra acustica e voce, da lui medesimo, con il valido accompagnamento alla chitarra elettrica di Davide Festa e gli intermezzi recitati di Mimmo Postulando Giuliano.

Pasquale si è cimentato in un’operazione che avevano già intrapreso una ventina di anni fa Massimo Altomare e Stefano Bollani in una veste più orchestrale, bandistica e circense di questa di stasera, più orientata su un versante blues e, secondo me, anche più arguta e dilettevole.

Ma cosa sono le fanfole?
Eh…
Cosa sono?
Si tratta di componimenti poetici (endecasillabi a rima alternata) consistenti, per lo più, di parole non presenti in nessun vocabolario. Eppure queste parole ci suonano familiari, anche perché fatte di fonemi tipici della nostra lingua ed inserite in strutture sintattiche e grammaticali facilmente riconoscibili. Insomma, parole che non esistono, ma potrebbero esistere e perfino significare, frammiste di espressioni italiane di senso più o meno comune che (come in una specie di grammelot) fanno da collante alle parole inventate e conferiscono un tono e una possibile chiave di lettura al resto.

Per esempio, le quartine iniziali e finali di Il giorno a urlapicchio dicono:

ci son dei giorni smègi e lombidiosi
col cielo dagro e un fònzero gongruto
ci son meriggi gnàlidi e budriosi
che plògidan sul mondo infrangelluto
[…]
è un giorno per le vànvere, un festicchio,
un giorno carmidioso e prodigiero,
è il giorno a cantilegi, ad urlapicchio,
in cui m’hai detto “t’amo per davvero”.

E poi c’è il famoso lonfo che molto probabilmente avrete sentito recitato da Gigi Proietti e che, come è risaputo,

[…] non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco e gnagio s’archipatta

Non so a voi, ma a me, stasera, sembrava di vederlo questo lonfo che sdilencava e s’archipattava tra gli alberi della villa comunale di Via Siepe Nuova, a Frattamaggiore, Napoli.

Ma tornando alle atmosfere del concerto di questa serata di fine estate, i componimenti di Fosco Maraini sono diventati gustosi brani in cui le parole erano puro suono e la musica raccontava storie affidate alla perizia interpretativa dei musicisti ed alla capacità evocativa del pubblico (tacitamente incaricato di dare senso al nonsenso).
Bravissimo Davide Festa ad assecondare la verve compositiva di Pasquale Vergara con ricami di chitarra, riff e assoli che pescavano nel blues, nelle ballad, nel boogie woogie e nel talkin’ blues (il nonno nobile – se così si può e vuole dire – del rap).

Molto equilibrata l’ora di concerto con l’alternanza di recitato e canzoni fanfolose.

Io mi sono proprio divertito.

Schegge di Verità

24 martedì Ago 2021

Posted by aitanblog in immagini, recensioni, riflessioni

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verità

“La verità era uno specchio che cadendo dal cielo si ruppe. Ciascuno ne prese un pezzo e vedendo riflessa in esso la propria immagine, credette di possedere la verità tutta intera.“

Jalāl al-Dīn Muḥammad Rumi, anche conosciuto anche come Mòlavì o Mevlana Rumi, poeta sufi persiano del XIII secolo.

Esiste, dunque, la mia verità, la tua verità e la verità tutta intera, come recita un proverbio che trovo citato in rete da un paio di decenni via via come africano, cinese, afgano, francescano, sinti, rom, rumeno, gaetano…

Schegge di verità riflesse in pezzi di vetro.

Ne parlavo, in verità, meno di un anno fa , sempre da queste parti. Continuate a leggere, se vi va.

aitanblog.wordpress.com/verita-riflessa

maturo, marcio e putrescente

23 lunedì Ago 2021

Posted by aitanblog in immagini, recensioni, texticulos

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maturità

“Be’, ti sei fatto grande; ormai sei un uomo…, ma non pensare che sia finita qua. Nella vita non si smette mai di maturare, almeno fino a quando non arriverà il tempo in cui marcirai e diventerai insopportabile anche a te stesso, perché sarai fradicio e putrescente e ti farà schifo guardarti nei riflessi delle pozzanghere e sentire il tuo stesso odore spandersi nell’aria e invadere le tue narici e la tua mente.
Poi, all’improvviso, uscirai di scena e non sarai più niente.
Però non pensare ai tempi lunghissimi del futuro che ti aspettavi davanti a te quando eri un infante.
Tutto questo succederà prestissimo.
Prima ancora che tu possa rendertene conto o cercare di sfuggirti, in qualche modo.”


Gaetano Aitan Vergara, “Maturo, marcio e putrescente“, in “Frammenti di racconti mai scritti“, Inexistent Edizioni, Nowhere, 2021

sei sei sei

21 sabato Ago 2021

Posted by aitanblog in riflessioni

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666, 999, numeri, perfezione

il quadrato della perfezione ribaltata



So’ nu tipo curiuso.

Qualche giorno fa, mi sono chiesto perché proprio il 666, tra l’infinità incontabile dei numeri, sia riconosciuto come la sequenza numerica della bestia, il simbolo a tre cifre di Satana, il numero del diavolo.

Ho fatto una piccola indagine e mi sono reso conto che circolano per la rete decine di ipotesi di carattere biblico, cabalistico e numerologico; ma l’ipotesi che mi intriga di più è quella che ho illustrato qui sotto e si basa sul tre, il numero perfetto, ripetuto tre volte in orizzontale e tre volte in verticale, fino a corrispondere a 3 volte 333, ovvero 999, che sarebbe la perfezione della perfezione (la divinità), la quale, a sua volta, ribaltata, si trasforma nel diabolico 666 che è oggetto della nostra mini-indagine.

Non so se mi sono capito.




P.s. Che poi, a dirla tutta, la mia curiosità è stata scatenata dal fatto contingente e casuale che mi sono reso conto che il gruppo FB “i vicini di aitan” ha recentemente raggiunto il numero di 666 membri iscritti. Una cosa simbolica e insignificante come la vita.


In Memoria di Mario

20 venerdì Ago 2021

Posted by aitanblog in immagini, versiculos

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mario, memoria

Stanotte ululeranno i cani
e i gatti grideranno alla luna
Stanotte rivedremo
tra le lacrime
il tuo tenero sorriso
e ripeteremo all’infinito
che non può essere vero

Stanotte ti vedrò
tra le schiere
e tornerò a chiedermi
di quante morti è fatta
la vita di un uomo

Poi continuerai
a prenderti cura
dei tuoi cuccioli
e io seguirò
con la coda
dell’occhio
i tuoi giochi
convincendomi
che la tua fine
è stata solo
un sogno

Ma non avrò
il coraggio
di verificare
se è vero

.


A Mario Guerra, mio alunno sensibile, curioso e sveglio che è stato anche la prima persona che si è preso cura della mia piccola fuori dall’ambito familiare, con tenerezza e professionalità che è impossibile dimenticare.

A Mario, andato via troppo presto.

A Mario, a Mario, volontario animalista, che si prendeva in carico la cura di tutti e di tutto.

A Mario. Ahi, Mario!

A Mario Guerra.

A Mario, a Mario e al suo sguardo attento e malinconico.

A Mario.

A Mario Guerra, che non riesco a crederci.


obbligo o verità

19 giovedì Ago 2021

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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green pass

Forse non è giusto (o almeno non è opportuno) parlare su un social di un argomento controverso come l’obbligo vaccinale. Il contesto in cui si esplicano i nostri discorsi è importante e io, proprio per questo, sbaglierò ora a provare a continuare a parlarne in una pagina pubblica della grande rete dove possono leggere persone con un livello di comprensione e conoscenza molto diverso dal mio (per eccesso o per difetto).

Comunque, io (per quanto bivaccinato) non credo che si possano definire colpevoli o ignoranti tutti quelli che esprimono dubbi sull’obbligatorietà di questi vaccini anticovid.
Mi spaventa ogni posizione fideistica nei confronti della scienza e della medicina.
Mutatis mutandis erano medici anche i salassatori che hanno imperversato fino a un paio di secoli fa.
La scienza è una vittima incosciente della storia.

E poi quella del green pass mi sembra una misura ambigua ed opaca.
Avrei capito di più un Vaccino di Stato Obbligatorio che questa certificazione verde.
In teoria, puoi scegliere di ottenere o non ottenere il green pass, ma poi, se non ti fai iniettare il benedetto vaccino (sponsorizzato ora anche dal Papa), ti faccio perdere il posto di lavoro; anche se (paradossalmente) ti trovi in un ambiente lavorativo in cui sono vaccinate 99,9 persone su 100 e tu sei l’unico privo di “protezione”.

Quando dicevo lo scorso marzo che si era aperta una breccia pericolosa con l’obbligo vaccinale imposto al personale sanitario paventando il rischio che si sarebbe arrivati a un’imposizione sempre più massificata, mi pareva una distopia, ora è una realtà; e sono già arrivate misure sempre più coercitive anche per il personale scolastico.

Questo dilemma sulla libertà personale e il diritto alla salute della collettività è una questione etica complessa.
Ma qualche volta mi viene il dubbio che il problema sia alla radice della produzione di questo vaccino. Forse Freccero & Co. hanno qualche ragione ad affermare che “il mainstream identifica la scienza con un vaccino che, secondo il suo stesso bugiardino, non è stato sperimentato e lo sarà soltanto se le vaccinazioni si protrarranno sino al 2023. Come possiamo definire scientifico un dispositivo non sottoposto a verifica sperimentale?”

Eppure, ribadisco, io mi sono vaccinato e tornerei a farlo, considerando che questa possa essere una strada che dovrebbe assicurare quanto meno un decorso della malattia meno pesante per me e per le persone con cui entro in contatto. È un principio di precauzione. Tuttavia, resto spaventato da un’imposizione che mi pare fondata su scarse basi sperimentali. Insomma, personalmente continuo ad affidarmi al metodo scientifico; ma con la consapevolezza che qualunque metodo può essere inquinato dagli interessi delle industrie farmaceutiche, dalle beghe delle baronie universitarie, dalle ambizioni di schiere di specialisti e scienziati dall’ego ipertrofico, dai ricercatori di potere e dai manipolatori di ogni stazza e natura, i quali, è risaputo, sono sempre pronti a falsificare i dati e a deviare gli investimenti su ciò che offre maggior profitto e non su ciò che può essere più utile per la collettività.

Concludo dicendo che, probabilmente, supero tanti freni inibitori e continuo periodicamente a parlare di questi argomenti incandescenti proprio per essere smentito da chi ne sa più di me e magari potrebbe chiarire le idee a me ed ai passanti più incerti e meno attrezzati.

Nel frattempo, però, preferisco interrompere qui i miei interventi sulla questione. Almeno fino a quando non sentirò la misura di nuovo colma.
Se qualcuno vuole parlarne ancora con me, lo può fare da vicino, bevendo una birra senza mascherina (finché sarà ancora possibile).

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