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E comunque vorrei ricordare a tutte le persone libere di questo mondo che libertà non è pane.
Uno se la deve poter permettere, la libertà.
Con la pancia vuota non si va da nessuna parte. Solo in cerca di cibo.
Perciò, prima bisogna liberarsi dai morsi della fame e poi si può pensare ai diritti della persona, alle parole astratte e ai concetti più arditi, ascendenti ed astrusi.

E se uno c’ha pure famiglia, deve prima sfamare tutte quelle bocche spalancate nell’attesa. (Anche per questo è fatto veto ai preti di sposarsi. Se uno è troppo legato ai dettami della carne sua e dei suoi congiunti, lo spirito resta imbrigliato nelle necessità e non riesce a liberarsi per innalzarsi alla dimensione della trascendenza.)
Se ne accorsero pure i contadini e perfino certi frati del Sud Italia quando arrivò Garibaldi a liberarli.**
E se ne sono accorti in tanti, nei Paesi dell’Est, alla caduta del muro, quando sono diventati liberi di fare gli schiavi in Occidente per guadagnarsi il pane e un po’ di companatico da mandare ai parenti rimasti a casa, nelle terre liberate.
E poi, con la presunta conquista delle libertà civili, sale la soglia delle necessità; soprattutto se vivi in una democrazia ipercapitalistica con tutti quei bonus per cambiare auto e televisori e per installare il condizionatore in ogni stanza, buco ed anfratto delle tue abitazioni.
Libero di comprare tutto quello che ti pare fino a quando ti lasciano spendere, spandere e indebitarti.
E per fare soldi non ti resta nemmeno tempo per pensare.
Puoi solo seguire il flusso.
Poco spazio a dubbi, ripensamenti e incertezze.
Se ne stanno accorgendo pure i lavoratori italiani in cerca di green pass.
Hai voglia di fare chiacchiere e pensarla (a torto o a ragione) in modo diverso dal mainstream. Quando hai fame e prole, te lo stampi in fronte il certificato vaccinale, basta che a fine mese ti arrivi lo stipendio a casa.
Chi è libero da vincoli e bisogni, invece, è più facile che sia disposto a fare qualche sacrificio per portare avanti le sue idee vestendo i panni del martire, del profeta inascoltato o dell’eroe.
Insomma, del superfluo puoi pure liberarti, traendo perfino piacere dall’eliminazione dell’innecesario dalla tua vita; ma il necessario resta là con tutta la sua forza imperativa a ricordarti che, all’ora di pranzo, nessuno mette a tavola orgoglio, coerenza e dignità. Figuriamoci poi la libertà che, come è risaputo, non è pane e non si lascia mai azzannare, mordere o mozzicare da chicchessia o da chicchenonsia, comunque la pensi o sia pensato.
Note e notarelle
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L’immagine l’ho trovata in rete, non conosco l’autore, ma, a giudicare dai risultati di una mia ricerca con Google Lens, credo si tratti di un vignettista di lingua araba (anche se alcune tracce mi portavano pure in Turchia).
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“Il popolo avrà libertà e scuole”.
“E nient’altro!” interruppe il frate: “perché la libertà non è pane e la scuola nemmeno. Queste cose basteranno per voi Piemontesi; per noi qui no”.
“Dunque che ci vorrebbe per voi?”
“Una guerra non contro i Borboni, ma degli oppressi contro gli oppressori, grandi e piccoli, che non sono soltanto a Corte, ma in ogni città in ogni villa”.
“Allora anche contro di voi frati, che avete conventi e terre dovunque sono case e campagne!”
“Anche contro di noi: anzi prima che contro ogni altro! Allora verrei. Così è troppo poco”.
Giuseppe Cesare Abba, “Da Quarto al
Volturno. Noterelle d’uno dei Mille“, 1880