Vicini, vicinissimi;
magari all’improvviso
tu le entri anche dentro,
ma laggiù, in fond’al centro,
restate ognuno assiso,
come soli solissimi,
isole isolate e sole
d’uno stesso arcipelago.
[E questo è l’ennesimo sospiro
della serie piccole disperazioni
che si fanno parole da leggere in fretta
per gente distratta da altri dolori.
(Alla fine dell’ultima strofa che hai letto,
l’autore s’alza dalla sedia su cui era assiso,
si toglie il cappello con un gesto largo e lento,
fa un inchino da Arlecchino servo di molteplici padroni
ed attende dietro una maschera di sorriso
il vostro generoso
applauso
…)]