Frammenti della zia toccata e del nipote malvagio ma non troppo
Dis-corso wagneriano risciacquato tra le acque del fiume Gen(t)il(e)
Frammento della zia toccata
Ormai sono solo quello che ero e mi resta poco spazio anche per disperare.
Ho un vuoto dentro che nessuno può riempire.
Sono dentro un vuoto che non posso più riempire.
Sono solo vuoto dentro che non posso più colmare.
Una volta ci infilavo di tutto e per un attimo ero piena da volare; ci mettevo di tutto per scordare di volere.
Ma la vita qui è ferma e piatta.
E all’improvviso soffia un vento di bufera che ho paura anche a chiudere le finestre.
Quella notte mi sporsi per tirare un’anta e sentii la forza di cento uomini strapparmi verso il vuoto di fuori.
Da vuoto a vuoto.
Dio mio!
Ma neanche allora ebbi il coraggio di lasciarmi portar via.
Non è facile essere coraggiosi quando fuori infuria la bufera.
Frammento del nipote malvagio
Se fossi anch’io solo come un cane solo, sarebbe facilissimo scegliere se partire o restare, e mi allontanerei ora stesso; mi dileguerei come un’anguilla nel fiume; nessun dubbio, certo che lo farei! Mica me ne starei attaccato a queste mura scrostate ed alla puzza di carogna imputridita di una stanza in cui non lasci entrare il sole.
Io me ne andrei. Io me ne andrei ora stesso, se non fossi intrappolato come sono in una rete di relazioni che sono la vita, la mia vita. Ma tu…, a te cosa ti tiene? Perché non ti lasci dietro questa solitudine già usata. C’è tanto spazio per volare via. Perché non ti metti alla ricerca di qualche posto che possa riempire i vuoti in cui t’avvolgi e ti crogioli? Perché non te ne vai e ci lasci in pace, una buona volta?
Ripresa della zia
Facile per te che hai vent’anni e mille dolori di meno. Facile per te che hai gambe solide e cervello leggero.
Ma a me non c’è posto che mi possa ospitare. Io sono legata a queste mura come la mosca nella tela del ragno. Io sono parte della mobilia che ti lasciò tuo nonno. Sono l’armadio a specchio in cui ti rifletti. Non gettarmi via così e non avere paura di vederti come sei. Io sono le tue radici. Sono la sedia su cui ti siedi stanco ed il tavolo su cui sbatti il pugno. Sbatti il tuo pugno se vuoi. Sbatti il tuo pugno ed apri tutti i miei cassetti. Non lo vedi che sono tutta bagnata?
…
Perché mi guardi con quella faccia di cazzo?
Non capisci, non capisci!
…E poi mi chiedi cosa mi trattiene, brutto stronzo! Sei più stupido di tuo padre e di quel coglione di tuo nonno. Porco cazzo, siete voi il vuoto che ho intorno, siete voi a non sapermi riempire. Sei più stronzo di tuo padre e di quel coglione di tuo nonno, che non mi hanno mai capito e non hanno mai capito niente. Niente, niente ed il resto di niente!
Non lo vedi che fremo ed ho fame della sferza che contieni? Prendimi tutta e smettila di darmi consigli scipiti e già usati. Prenditi tutto, invece di sparlare come il nonno e come il padre che ti seminò nelle cosce carnose di quella puttana di tua madre. Inseminami tutta ed insegnami a volare, invece di ripetere parole, parole e parole colme di senno e prive di senso.
Ripresa del nipote
Smettila, smettila! E resta se vuoi. Taci, taci! Ti farò zittire io tappandoti la bocca che non sfiorò marito né zio.
Dio mio, ci perdonino i padri! Quello che non fecero loro, lo farò io. Ora stesso.
Fiato alle trombe ed in basso il sipario.
Qui non c’è più finzione che tenga, o ci trattenga.
[Si spengono le luci, una porta si chiude e si abbassa il telone rosso.
Mentre lo abbasso, mi sento ogni istante più fesso.
Anche adesso.
Tutto il resto è sesso.]