Was sind das fur Zeiten, wo
Ein Gesprach uber Baume fast ein Verbrechen ist
Weil es ein Schweigen uber so viele Untaten einschliesst!
Quali tempi sono questi, quando
discorrere d’alberi è quasi un delitto
perché su troppe stragi comporta silenzio.
Bertolt Brecht, A coloro che verranno, 1938
I
Gli alberi in fila sul ciglio della strada, una folata di vento spazza via un foglio tra le foglie, un camion che lascia nell’aria un rumore di ferraglia. Sono le cinque del mattino ed io passeggio verso l’alba, mentre tu dormi tranquilla tra le lenzuola sfatte. Forse ora tendi una mano verso il mio cuscino e ti sorprendi di trovarlo vuoto; oppure distendi le braccia ed occupi diagonalmente tutto il letto. Magari all’improvviso sei assalita da un attimo di contentezza, e non sai ancora perché. Mentr’io passeggio verso l’alba prendendo a calci le foglie ad una ad una, indifferentemente.
II
Gli alberi in fila sul ciglio della strada, di fronte a me l’alba, mi chino per prendere in mano un foglio tra le foglie. Si calma il vento. Rallento il passo, dispiego il foglio e mi soffermo sulla scrittura che lo attraversa diagonalmente. Osservo i caratteri come di fronte ad un disegno astratto o a una foto fuori fuoco. Non provo neanche a leggere. Come se si trattasse di una lingua sconosciuta.
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A quest’altro punto, mi impunto, mi blocco sull’ultima frase, mi sento fuori fase e da là fuori mi grido dentro altri versi che vengono da non so dove:
“Dici di essere un libro aperto per me
ma so che dietro hai un mondo di fogli
che non mi fai sfogliare. […]
Figure cuneiformi, astratti geroglifici,
linee sconosciute con arcane illustrazioni […]
E dici di essere un libro aperto…”