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Considerazione sulla pseudopoesia altrui e su quella mia in versione scritta e in versione operistica cantata da tenori e soprani artificiali di Casa Udio

Vi propongo la lettura e, soprattutto, l’ascolto di una serie di versi che ho scritto qualche giorno fa e che ho trasformato in un brano in stile operistico sfruttando l’intelligenza artificiale generativa di Udio, un recentissimo modello di IA rilasciato in versione beta lo scorso 10 aprile.
Da quanto ho capito, in questa release gratuita non si possono creare brani più lunghi di una trentina di secondi. Pertanto, gli ho fatto generare una ventina di frammenti audio, poi ne ho scelti 7 o 8 e li ho remixati un po’ in fretta per l’urgenza di mettere il brano in rete e farvelo sentire appena sfornato.
Il risultato, secondo me, è sorprendente, considerato anche che, partendo da un testo preesistente, non ci ho messo più di un’oretta per arrivare al prodotto finale.
Come per i due frammenti sonori creati ieri con MusicFX, c’è voluto molto più tempo per creare il video che per arrivare alla concezione, alla generazione e al remix dei brani.


La cosa bella è che la musica e l’atmosfera che è venuta fuori dalla concertazione degli strumenti e delle voci è del tutto coerente con il testo che avevo dato in pasto all’intelligenza artificiale: una riflessione sghemba e autoironica sulla poesia, nata, nella sua prima versione, come un commento a un post del mio amico Maurizio Lioniello, il quale, a sua volta, aveva scritto dei versi che prendevano in giro un poetastro e le sue sforzate rime. Poi, scrivendo scrivendo, la mia composizione si è trasformata motu propio in un dileggio verso tutti quelli che si sforzano di scrivere testi con insistiti a capo, incluso chi in questo momento sta scrivendo questo testo senza soluzione di continuità. La stessa persona che in quel momento là scrisse quella sequela di parole andando sovente a capo prima della conclusione del rigo. Un abuso che si dovrebbe concedere solo ai poeti veri, quelli fatti, rifatti, strafatti e seri.

Va be’, non aggiungo altro e vi invito all’ascolto attraverso questo video che dura 3 minuti e una trentina di secondi. Secondo me, vale la pena ascoltarlo tutto, anche se temo che risulterà pesante per chi non è abituato a sentire brani di musica lirica e oltraggioso per i melomani duri e puri. Resta uno sparito numero di abitanti di una terra di mezzo che potrebbe pure arrivare fino al meraviglioso 3:27 finale.

Di seguito, il testo che ho fatto cantare ai cantanti lirici artificiali di Casa Udio.


(Lui)
Pensa che sia giusto e che sia figo
Romper la continuità del rigo e
Poetando d’ambascia e d’angoscia
Non si dà conto che ad ogni rima
La paposcia si ammoscia più di prima

Mentr’a mme tanto la stima s’affloscia
Che mi discende giù giù lungo la coscia
Pronta a scoppiare come ad Hiroshima

Ragion per cui la quale rinnego quanto scritto prima
E disbrigo quest’intrigo, caro amigo,
Cambiando metro, modo, tono e stile per interrompere quest’altra inutile rottura del silenzio che potevate anche fare a meno di sentire
(Voi)

E io di scrivere


Per favore, siate così gentili da farmi sapere che ne pensate sia del testo (naturale) che della musica (artificiale, stando alle definizioni attualmente in voga). Ma cercate di non farvi influenzare troppo dai vostri pregiudizi e dalle vostre ansie, ambascie e preoccupazioni collegate alla proliferazione di questi strumenti di cosiddetta intelligenza artificiale che io sto provando a esplorare dal di dentro per capire l’effetto che fa.

Poi, se proprio non riuscite ad ascoltare un brano similoperistico, provate con questo altro esperimento che ho realizzato con lo stesso metodo di rimixaggio di frammenti creati con l’intelligenza artificiale generativa di Udio.

È una canzoncina per l’estate in stile pop downtempo. Il testo l’ho preso da una poesiola  eco-marinara che ho scritto un paio di anni fa, quando ancora non c’era tutto questa diffusione e questo discettare di intelligenze artificiali, naturali o pseudotali.

Va be’, mo basta. Mi fermo qui, ma ho già un sacco di altro materiale, anche in napoletano, tutto prodotto in un solo giorno (ho scoperto che se dai in pasto a Udio un testo in dialetto, lui in dialetto canta, sfoggiando una pronuncia partenopea più plausibile di quella di Mario Del Monaco, Claudio Villa, Pavarotti, Gabriella Ferri e Arbore Renzo).

In fondo, la caratteristica precipua di questa IA è la fretta.