Diceva Bernardo di Chartres e ripeteva Isaac Newton “che noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.”*
Vorrei crederci, ma a volte ho l’impressione che avesse ragione Aldous Huxley nel ritenere che il fatto che gli uomini non imparino molto dalla storia sia la lezione più importante che la storia ci insegna.
Vedo molti celebrare il Giorno della Memoria senza capire che la prima cosa che lo sterminio di ebrei, rom, sinti, omosessuali e oppositori politici di ogni razza e natura ci insegna è che non si può essere indifferenti di fronte a ogni tipo di discriminazione. Il razzismo dovremmo riconoscerlo e stanarlo prima di tutto dentro noi stessi.
Troppo facile commuoversi davanti ai pigiami a strisce di ebrei lontani nel tempo e nello spazio e poi continuare a usare la parola ebreo come un’offesa. Troppo comodo considerare il passato come un film commevente e rivolgerci nel presente con parole e atteggiamenti intolleranti nei confronti degli stranieri della porta accanto e dei neri e dei rom che incrociamo per strada o al varco di un semaforo. Comodo e facile come ripetere a ogni pie sospinto “io non sono razzista, ma gli zingari però…”.

Denkmal für die ermordeten Juden Europas – Foto di Gaetano “Aitan” Vergara scattata una decina di anni fa a Berlino
«L’opposto dell’amore non è l’odio, è l’indifferenza. L’opposto dell’educazione non è l’ignoranza, ma l’indifferenza. L’opposto dell’arte non è la bruttezza, ma l’indifferenza. L’opposto della giustizia non è l’ingiustizia, ma l’indifferenza. L’opposto della pace non è la guerra, ma l’indifferenza alla guerra. L’opposto della vita non è la morte, ma l’indifferenza alla vita o alla morte. Fare memoria combatte l’indifferenza» (Elie Wiesel)