L’anno sarà nuovo se sapremo rinnovarlo, se sapremo rinnovarci. Non si tratta di cambiare almanacco o segno zodiacale, si tratta di cambiare sistema, metodo e vita.
Ma al di là di tutto, trovo che sia bello illudersi che il prossimo anno possa essere migliore di quello passato e che possiamo lasciare i guai e le sofferenze fuori la porta, accartocciati nell’ultima pagina dello scorso calendario.
E provo a dirvelo anche in versione video con l’aiuto (alquanto estorto, in verità) di mia figlia, che resta una delle cose più belle dell’anno passato e dell’anno a venire. Per me. E già immagino che quando leggerà dirà: “Ma come UNA? Io sono LA cosa più bella…”.
Sono stati tre giorni rilassanti e intensi che ho dedicato a creare il Natale intorno a me per le persone cui voglio bene, soprattutto per mia figlia e per mia madre. Non importa se ci credi o no. Quando si è adulti bisogna farsi portatori dello spirito natalizio e trovare piacere nel donare e nel darsi. Mi vieja è convalescente dopo una frattura al femore, ma in decisa via di ripresa, così l’ho sostituita io ai fornelli.
Tre giorni tra pizze, casatielli, scarole, fritture, vongole, taratufi, calamari, insalate, insalatone, insalate di rinforzo, insalate Olivier (che un tempo chiamavamo russe), polpette, polpettine, brodi di carne, carne in brodo, tagliolini, braciole (in italiano: involtini) e lasagne. Ho cercare di fare tutto secondo tradizione familiare nei modi e nei tempi in cui lo faceva lei. Non è stato facilissimo, ma mi sono pure divertito e qualche volta perfino rilassato.
Mo mi sento come il babbo natale di questa illustrazione del grande Saul Steinberg che ho restaurato digitalmente con le mie mani da una foto incompleta e sfocata che ho trovato in rete. A pancia all’aria. Spero che vi piaccia.
¡Esperamos que tengáis unas fiestas escalofriantes y un año tremendo!
I nostri migliori auguri di feste da brivido e di un anno tremendamente bello.
Ve li facciamo Stefania e io attraverso questo video fatto di scorci e di immagini sghembe realizzate in fretta e furia senza troppi ritocchi e abbellimenti. Riprese e scatti sinceri e un po’ giocosi in cui non si nascondono nei, brufoli, canizie, calvizie, asimmetrie e altre brutture (mie, soprattutto, of course). E, tra una sequenza e l’altra, qualche disegnino creato per l’occasione.
Scherzi a parte, tante cose belle a tutti e soprattutto a chi ne ha più bisogno e necessità!
Gli auguri continuano qui per quelli che, come me, sono appassionati di fogli elettronici. Ma anche per gli altri, basta cliccare su questo link aspettare che il file si apra in Google Fogli, scrivere il proprio nome e cognome nella cella A2, cliccare su INVIO e vedere l’effetto che fa.
I miei auguri alla mia lettrice forte, la mia figlia preferita ;)
Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio. Leggere e leggendo leggersi e leggere il mondo. Leggere per librarsi oltre e dentro la realtà.
Oggi è il dodicesimo compleanno di mia figlia (mi è venuto di scrivere “Oggi è il dodicesimo compleanno della mia piccola“, ma mi sono tenuto). Lei è una divoratrice di carta stampata (ma le piacciono anche i dolci, la buona cucina e il cibo spazzatura) e io a colazione gli auguri glieli ho fatti così.
“Che non si esaurisca mai questa tua passione e che tu possa continuare a lungo e per sempre a vivere e a sentire dentro di te le vite degli altri.”
“Che tu possa mantenere per sempre il gusto e il piacere di allontanarti dal mondo per comprenderlo meglio attraverso la lettura.”
“Che tu possa essere più intelligente e meno sdolcinata di tuo padre.”
“Che tu non perda mai la bellezza del tuo sorriso.”
Questi sono i quattro post-it attaccati sulla carta regalo dei suoi primi due doni della giornata.
Lei, invece, la scritta sulla torta l’ha voluta con una citazione della sua autrice di romanzi preferiti che, peraltro, si firma con lo pseudonimo di Stefania S.
“A chi non ha paura di correre sotto al sole.”
Poi, a sera, sono arrivati gli amici a rallegrarci la serata.
Al momento ho visitato due delle tre sedi del Museo di Arte Moderna Greca di Rodi.
Nella prima, ci sono alcune stampe relative alla città e alle sue stratificazioni storiche ed una permanente del pittore ateniese Valias Semertzidēs (1911-1983).
Inoltre, c’era una interessante esposizione di fotografi di area turca e armena sui riti e sulle tradizioni delle religioni monoteiste a Istanbul e dintorni.
In un’altra stanza, altre foto, forse di collezione permanente, per lo più di area turca, iraniana e bangladina (Rodi resta culturalmente una porta sull’Oriente).
Il terzo piano, con altri pittori greci dell’800 e ‘900 era momentaneamente chiuso. (Va be’, niente di nuovo. Negli anni ’80 sono stato ad Atene e non sono riuscito a vedere il Partenone da vicino per uno sciopero del personale museale. I cugini greci in queste cose se la giocano con noi.)
Molto interessante il secondo museo, tutto dedicato al pittore, architetto e soprattutto scultore George Zongolopoulos (1903-2004).
Spero che le mie foto rendano un po’ l’idea delle sue sculture fatte di materiali misti, fondamentalmente acciaio, reti metalliche e lenti di ingrandimento. Sculture cinetiche che prevedono il ruolo attivo dello spettatore, in bilico tra l’astratto e il concettuale, con titoli come “Balletto di Giustizia”, “Commedia dell’Arte”, “Lente con Ombrelli” che fingono di spiegare ma o accrescono l’ambiguità del segno oppure dicono semplicemente quello che l’occhio già vede; sculture, anche, che sanno giocare con le luci e con le ombre e si modificano nello spazio che modificano; opere ludiche che reinventano la realtà e a volte la illuminano conferendole senso.
La terza sede del MGA non so se la vedrò (anche se il biglietto l’ho già pagato). Stefania, al momento, non sembra molto interessata all’arte moderna e contemporanea e non mi va di andarci da solo.
La versione video con qualche immagine in più e qualche immagine in meno:
Città ventosa, marosa, gattosa, profumata, azzurrente in mille riflessi e sfumature, turisticissimizzante e istoricante.
Cliccando sul quadrato spezzato in basso a destra, potete vedere questa clip video a schermo intero. (Lo so che già lo sapevate, ma ho voluto scriverlo ugualmente.)
Le foto sono tutte mie. Le ho scattate nei primi tre giorni di permanenza nell’isola di Rodi. I rumori di sottofondo di vento, mare e gatto sono stati registrati in presa diretta.
Quello che ti manca, figlia mia, è un po’ di noia. Quella noia lunga, lenta e produttiva che ti lascia da sola con i tuoi pensieri. Un sereno indulgere alla pigrizia e all’indolenza senza preoccuparsi di riempire il proprio tempo con obblighi, incombenze, appuntamenti, chat, bit, bot, tablet, youtube e videoclip che scorrono sotto le tue dita senza conclusione.
Il contrario dell’ansia e della frenesia. Un tempo libero da ogni impegno e pre/occupazione che i nostri antichi progenitori chiamavano otium e contrapponevano al negotium: la cura di sé contrapposta agli affari e alle pubbliche occupazioni. Un tempo tuo e solo tuo, fatto tutto e solo di te stessa e della tua noia. Una noia senza quaderni, libri, smartphone, serie tivvù e orari prefissati. Una noia senza palestre, aule e notifiche sempre attive. Una noia senza messaggi attesi o rimbombanti a grappolo. Una noia senza assegni e attività aggiuntive. Una noia vera, piena, assoluta e avvolgente. Una noia fatta di niente. Una noia da riempire di pensieri lenti, idee innovative e nuove fantasticazioni. Quella noia che è la madre della creazione e del disallineamento dagli atteggiamenti del branco; quella noia che ti libera dal conformismo e ti tiene lontano dai modi e dalle mode del tempo; quella noia che ti mette in contatto con te stessa e con la tua immaginazione.
Quella noia benedetta che non scivolerà mai nell’avvilimento e nella depressione, ma ti terrà sempre in equilibrio, sul filo labile della nostra fugace esistenza in terra. L’unica che in qualche modo conosciamo e dobbiamo preservare grati.
Postilla del giorno dopo. Dopo averla letta molto frettolosamente, Stefania fa detto che la lettera è molto… noiosa
Vagheggio una fine senza botti nelle terre dei fuochi e un 2023 senza bombe in Ucraina e in altri luoghi di conflitto. Ma forse è volere troppo rispetto ai dati di realtà che mi attraversano gli occhi, le orecchie e la pelle. Speriamo che almeno piova, questo capodanno, sui roghi di monnezza che trasformeranno questo letamaio in un inferno di seconda mano; e che nessuno ci lasci le dita, gli occhi, un braccio, la cute o la vita.
Qui a Napoli e zone collegate abbiamo con il fuoco un rapporto inscindibile e contraddittorio. Viviamo con l’inferno sotto ai piedi pronto a venire fuori dalla bocca del vulcano o dalle viscere della terra. I campi ardenti della zona flegrea, la lava del Vesuvio, la porta degli Inferi nel Lago d’Averno, la terra ribollente della Solfatara, la liquefazione del sangue del santo, i roghi tossici e i fuochi d’artificio che rimbombano nell’aria per tutto l’anno, fino all’apocalisse dell’ultimo giorno. Siamo costantemente sotto l’assedio dell’artificio dei fuochi. Come se stessimo mettendo in scena una rituale evocazione delle catastrofi che ci aspettiamo da un’imminente eruzione del Vesuvio o dall’apertura della porta degli inferi. Come se volessimo farci noi stessi vulcano e perpetrare un lento, quotidiano suicidio di massa; la fragorosa deflagrazione di un diffuso desiderio di dissoluzione! la volontà di autodistruggerci e scomparire tra il fuoco, i fumi e le fiamme.
Vabbè, il giorno si avvicina. Buona fine!
E miglior principio…
Vi auguro un anno meno funesto, in un mondo magnifico come questo.